A questa domanda Mons. Giovanni Battista Chiaradia risponde così: “È grave che nella tua scuola domini, a quanto pare, la bestemmia. Ti consiglierei di dirlo al Preside, anche se la bestemmia risuona per le scale e non in classe. Poi tu, con la massima sicurezza, quando ti viene a tiro colui che bestemmia, con viso sereno e parola calma, gli dici: «Senti, non bestemmiare, se non credi in Dio, altri come me ci credono, quindi la bestemmia è il segno della massima ineducazione della persona”. Su Repubblica si può leggere una lettera inviata a Caro Augias, dove un’ insegnante racconta di una sua collega che si reca dal dirigente scolastico per far chiamare il genitore di un alunno che aveva bestemmiato in classe. Il dirigente telefona per convocarlo e spiega le motivazioni.
La mamma dell’ alunno giustifica il figlio dicendo che i politici bestemmiano e che si “sente” perfino in televisione. Il dirigente chiude la conversazione e, raccontando il tutto alla docente, afferma che in effetti la signora aveva ragione. L’ insegnante esce dalla presidenza a capo chino. Si ricorda che in Italia la blasfemia era prevista dal codice penale come reato, inserita fra le contravvenzioni «concernenti la polizia dei costumi». La formulazione originaria (del 1930) dell’articolo 724 del codice penale puniva solo l’offesa alla religione cattolica. Con la sentenza 18 ottobre 1995, n. 440 della Corte Costituzionale si estese la condotta sanzionabile all’offesa alla divinità venerata in ogni credo religioso, non più solo a quella venerata nella religione cattolica. Attualmente la bestemmia è considerata un illecito amministrativo, essendo stata depenalizzata con la legge 25 giugno 1999, n. 205.
La versione attuale (vigente) dell’articolo 724 (“Bestemmia e manifestazioni oltraggiose verso i defunti”) è la seguente: “Chiunque pubblicamente bestemmia, con invettive o parole oltraggiose, contro la Divinità, è punito con la sanzione amministrativa da euro 51 a euro 309. […] La stessa sanzione si applica a chi compie qualsiasi pubblica manifestazione oltraggiosa verso i defunti”.
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