Home Attualità Il Manifesto di Ventotene e gli equivoci nazionalisti. Una idea visionaria d’Europa

Il Manifesto di Ventotene e gli equivoci nazionalisti. Una idea visionaria d’Europa

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March 21, 2025

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Se per un verso passa il “Sì” della Camera alla risoluzione di maggioranza, relativa alle comunicazioni della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, sul Consiglio europeo che si terrà a Bruxelles da giovedì, con 188 voti favorevoli e 125 contrari (9 gli astenuti), per altro verso la premier ha lanciato un affondo contro il Manifesto di Ventotene, definendolo “socialista” e aggiungendo: “Non è la mia Europa; e se ho fatto arrabbiare è dipeso solo dal testo che ho letto”.

Ma cos’è questo Manifesto che tanta bagarre ieri ha suscitato alla Camera?  

Il Manifesto di Ventotene è un documento scritto da Altiero Spinelli, già membro del Partito comunista, espulso per aver criticato i processi a Stalin, ed Ernesto Rossi, del movimento socialista Giustizia e Libertà, fondato dal teorico del socialismo liberale Carlo Rosselli, deportati nel 1941 nell’isola di Ventotene, al cosiddetto confino, perché oppositori politici del fascismo. 

Si tratta dunque, con più chiarezza, di un progetto politico dal titolo “Progetto di manifesto per un’Europa libera e unita”, nel quale per la prima volta si disegna una idea di Europa senza confini e senza guerra, libera e democratica. Alla redazione del documento si unì anche  Eugenio Colorni, tra i massimi promotori del federalismo europeo, che lo diffuse clandestinamente, nel 1944, prima di essere fucilato dai fascisti. 

Una idea visionaria e in qualche modo utopistica, considerati i tempi e il luogo, e considerato pure il fatto che tutte le guerre, finora, avevano visto l’Europa teatro principale dei conflitti più violenti, un luogo di scontri e di morti, di dissidio e soprattutto di frontiere per difendere le quali migliaia di uomini erano stati immolati.  

E come tutte le idee utopistiche e anche, in qualche modo, inondate di ideali antifascisti, democratici e libertari, portavano con loro un linguaggio che risentiva non solo di certa retorica ma anche di tutta quella fraseologia ispirata alla rivoluzione proletaria a cui l’intellighenzia comunista e progressista si rivolgeva per togliere il potere alla borghesia che, per i propri profitti provenienti dalle guerre, fomentava i dissidi fra le nazioni, creando frontiere e confini.

I grandi bagni di sangue, che non avevano senso per un contadino siciliano che doveva ammazzare un contadino francese, le cui rispettive Patrie erano solo il lavoro, la pace e la libertà, costituivano invece la melassa dove la borghesia, che aveva tolto il potere con la rivoluzione del 1789 al feudalesimo, attingeva invece le sue fortune e il suo potere.

Da qui il linguaggio forte, “rivoluzionario” che talvolta si legge sul “Documento di Ventotene”, ispirato appunto a quegli ideali di libertà e di democrazia che il proletariato (i lavoratori cioè, coloro che producono ricchezza e senza i quali le fabbriche avrebbero chiuso) deve portare avanti per debellare ogni guerra e ogni massacro, togliendo di mezzo i fascismi e gli sfruttatori, i latifondisti e gli industriali, attenti solo ai propri profitti e dunque fomentatori di guerre, utili solo ai loro interessi finanziari.

La loro tesi in altri termini risiede nel fatto che la restaurazione dei vecchi Stati nazionalianche se realizzata in forma democratica, ricreerebbe fatalmente il contesto conflittuale che ha prodotto guerre e regimi totalitari: “Risorgerebbero le gelosie nazionali e ciascuno Stato nuovo riporrebbe le proprie esigenze solo nella forza delle armi”. 

La proposta descritta nel Manifesto, che richiama quello redatto da Marx e Engels sul Partito Comunista, era dunque rivolta a creare una forza politica esterna ai partiti tradizionali, cancellando finalmente l’ideologia sovranista degli Stati nazionali, ritenuta responsabile della competizione e del conflitto tra i Paesi, per dare vita a un grande Stato federale, in cui le  singole Nazioni fossero disposte a cedere una parte della loro sovranità, pur mantenendo la loro autonomia. Una visione così lungimirante da essere  considerata una delle idee più importanti e fondamentali all’origine della moderna Unione Europea.

Propongono, Spinelli e Rossi, la costituzione di una federazione europea munita di proprie forze militari, senza più barriere economiche protezioniste, con una rappresentanza diretta dei cittadini negli organi centrali, dotata dei mezzi sufficienti per instaurare un “ordine comune”, pur lasciando ai diversi popoli larghi spazi di autonomia.

Secondo molti osservatori dunque, il fatto che Giorgia Meloni, leader di un partito d’ispirazione nazional-conservatrice, dichiari il proprio dissenso dal Manifesto di Ventotenenon deve certo stupire, proprio per i riferimenti che si indirizzano nei confronti delle ideologie anti sovraniste, anche se Spinelli e Rossi bocciarono apertamente la prospettiva comunista, su cui però Meloni sorvola, sottolineando invece il riferimento al “partito rivoluzionario” e alla sua auspicata “dittatura”, che è poi , nella visione del tempo, contrassegnato dalla dittatura fascista e dal contesto di guerra e persecuzione, sarebbe stata quella del proletariato contro la dittatura della borghesia, guerrafondaia, nazionalista e sovranista.

 Questo il testo integrale del Manifesto di Ventotene pubblicato dal Corriere