La parità di genere si raggiunge facendo partecipare le donne al mercato del lavoro e dunque non è più pensabile rimandare la creazione di servizi pubblici di cura per la prima infanzia, indispensabili non solo per l’occupazione delle madri, ma anche per promuovere lo sviluppo del capitale umano.
Tuttavia, sottolinea LaVoce.info, è pure possibile che a sfruttare questa possibilità utili per portare le madri nel mercato del lavoro, siano proprio le famiglie più abbienti, aumenteranno le disuguaglianze esistenti tra i gruppi sociali, considerato che nelle classi sociali più disagiate prevalgono visioni molto tradizionali sul ruolo della madre, per cui l’utilizzo del nido, anche se disponibile, potrebbe risultare limitato per alcuni gruppi.
La domanda quindi sarebbe: i servizi funzionano come equalizzatori sociali o sfavoriscono chi di partenza è già meno avvantaggiato? E i valori culturali come moderano queste relazioni?
Per rispondere alla domanda, specifica LaVove.info, ha elaborato ricerche in 182 regioni di 20 paesi europei dal 2002 al 2018 e il risultato sembra coincidere con l’idea che l’istruzione delle donne è un fattore cruciale per cura e lavoro. I valori culturali sono misurati a livello regionale e basati sulla domanda se le donne dovrebbero essere disposte a ridurre il lavoro per il bene della famiglia.
Infatti l’effetto dei servizi di cura all’infanzia non è omogeneo tra le donne, ma varia in base al loro livello di istruzione: soprattutto le madri di bambini piccoli, con un basso livello di istruzione, traggono vantaggio da una maggiore disponibilità di servizi pubblici.
L’effetto diminuisce per le madri con un livello di istruzione intermedio ed è assente per le madri con un livello di istruzione elevato.
Se consideriamo l’occupazione invece dell’attività, gli effetti sono più deboli, segno che anche i fattori legati alla domanda di lavoro femminile sono rilevanti. Ed è interessante notare che gli effetti sull’occupazione si basano principalmente su un aumento del tempo pieno. In questo caso, l’investimento pubblico funziona quindi come un equalizzatore e sostiene le famiglie che hanno più bisogno di un (secondo) reddito.
Nel complesso, i risultati sottolineano l’importanza delle politiche pubbliche di assistenza all’infanzia come strumento di riduzione delle diseguaglianze sociali, soprattutto in contesti ancora caratterizzati da norme di genere tradizionali e di bassa partecipazione femminile al mercato del lavoro, come nell’Europa meridionale.
I servizi pubblici per l’infanzia incoraggiano quindi l’uguaglianza di genere favorendo l’ingresso delle donne nel mercato del lavoro, e con ciò l’inclusione sociale ed economica delle famiglie più bisognose di un (secondo) reddito.