Sebbene poco se ne parli, leggiamo su Linkiesta.it, è un mercato enorme quello messo in piedi dal califfato di Abu Bakr al-Baghdadi che rimpolpa, e non poco, le voci «note» di bilancio. Un mercato enorme: secondo un rapporto dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr) parliamo di oltre 25 mila donne e bambini rapiti, stuprati e poi venduti come schiavi. Con un vero e proprio prezzario.
A raccontarlo per la prima volta è stata Zainab Hawa Bangura, rappresentante Onu per le violenze sessuali nei conflitti. Solitamente i jihadisti dividono donne e ragazze in tre categorie. La prima è quella delle donne sposate con bambini e delle anziane; la seconda sono le donne e le ragazze sposate senza figli; la terza è quella delle ragazze più giovani. Tutte «vengono spogliate, pulite e fatte sfilare come se fossero bestiame», racconta il rappresentante Onu. Ma ecco che arriva il momento della compravendita. Con un vero e proprio listino prezzi: i bambini (femmine e maschi, dai nove anni in giù) valgono 200 mila dinari, l’equivalente di circa 150 dollari. Le bambine e le ragazze dai 10 ai 20 anni vengono vendute per 150 mila dinari (circa 120 dollari), mentre le donne tra i 20 e i 30 anni costano sui 100 mila dinari (80 dollari). E se qualcuno dovesse ribellarsi? Il racconto è agghiacciante: «Mi hanno raccontato di ragazze “ripulite” con un getto di petrolio, a cui veniva appiccato il fuoco se si rifiutavano di fare ciò che ordinavano i loro cosiddetti padroni».
Lo Stato Islamico è diventato «il principale attore nella gestione della tratta di esseri umani nella regione»
Inoltre, scrive sempre Linkiesta.it, spesso, le donne vengono anche regalate dopo alcune competizioni organizzate ad hoc, come fossero premi: «I criminali dell’Isis hanno inventato anche un concorso per la lettura del Corano. Ai primi tre classificati, in premio una donna».
Tutto lecito per gli uomini del califfato. Crimini folli ammantati non si sa di quale principio religioso che possa, in un modo o nell’altro, giustificare tali efferatezze. Perché è così che funziona nel Daesh: tutto è ammesso a patto che lo voglia «Dio».
Non a caso il «Dipartimento della Ricerca e della Fatwa» dell’Isis tempo fa ha stilato un vero e proprio manuale, 34 pagine sulle regole per gestire al meglio le schiave. Per dirne una: sono ammessi rapporti sessuali con le «inferiori» (anche se bambine), ma non prima che abbiano avuto il primo ciclo mestruale. È la triste sorte delle «Sabaya». Questo il termine utilizzato per indicare le schiave. Nemmeno il suicidio è concesso alle ragazze schiave: «Ci hanno detto che se ci fossimo tolte la vita, avrebbero ucciso i nostri parenti»
In questo modo, con torture e sevizie ammantate di follia pseudo-religiosa, lo Stato Islamico è diventato «il principale attore nella gestione della tratta di esseri umani nella regione», come denunciato da Terre des Hommes. Questo perché l’Isis «ha introdotto e legittimato la pratica della schiavitù sessuale a un livello senza precedenti». Solo nel corso del 2014, d’altronde, i guerriglieri avrebbero rapito circa 3 mila donne e ragazze, in larga parte appartenenti a minoranze etniche e religiose (yazidi, turkmeni e cristiani). Le giovani vittime che sono riuscite a fuggire dai miliziani raccontano storie drammatiche e tra loro molto simili.
Come se non bastasse, Boko Haram utilizza sempre più spesso donne e bambini come kamikaze per portare a termine attentati suicidi in luoghi affollati come i mercati o nei pressi delle stazioni di polizia
Ma non basta. Per l’Isis, infatti, le ragazze non musulmane catturate vengono considerate anche «trofeo di guerra». Schiave che possono essere abusate, picchiate, comprate e vendute senza alcun rimorso. Ai ragazzi adolescenti è chiesto di alzare la maglietta: se hanno peli sul petto finiscono nel gruppo degli uomini, se non li hanno in quello delle donne. Vengono allora fatti sdraiare, con la faccia a terra, prima di essere uccisi. Per le donne, invece, comincia una tragica odissea: caricate su dei camion o autobus di fortuna, vengono poi riunite anche a migliaia in grossi edifici e poi ritrasferite in altre città dell’Iraq e della Siria per essere vendute.
Ma l’Isis, come si sa, si estende anche in Libia. E anche qui il trattamento riservato a donne e bambine è lo stesso.
Situazioni tragicamente analoghe anche in Nigeria, continua sempre l’articolo de Linkiesta.it, dove troviamo Boko Haram, con cui l’Isis ha creato una sorta di asse del terrore. Sebbene sia molto difficile avere dati esatti, Amnesty International ipotizza che siano più di 2 mila le donne e le ragazze rapite dai terroristi nigeriani. Nella maggior parte dei casi si tratta di donne non sposate e adolescenti che vengono costrette a sposare i miliziani dell’organizzazione terroristica oppure ad imbracciare le armi. Complessivamente, tra gennaio e maggio 2015, sono stati portati a termine 27 attacchi di questo tipo (erano stati 26 in tutto il 2014). Tre volte su quattro i kamikaze sono donne e bambini. In almeno nove casi si trattava di bambine di età compresa tra i 7 e i 17 anni. Vittime e assassine inconsapevoli. E innocenti.
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