La parola “merito” inclusa nel ministero dell’Istruzione sta dividendo gli italiani. Il mezzo tentativo di spiegazione del professore Giuseppe Valditara, neo ministro con un ruolo attivo nella nascita della Lega Nord, ma anche nella riforma Gelmini che tanti tagli ha portato Scuola e Università, di “avere coniugato Istruzione e merito” inviando così “un messaggio politico chiaro“, non sembra avere infatti sortito gli effetti sperati.
C’è chi grida allo scandalo, sostenendo che la scuola non è un’azienda, e chi invece esulta perché il tempo dell’appiattimento è finito (sia per il personale sia per gli studenti). Tra coloro che rifiutano il termine c’è Maurizio Landini, segretario generale della Cgil: “Trovo sia sbagliato, quando parliamo di istruzione in un Paese dove c’è questo livello di diseguaglianze, introdurre la parola merito”, dice Landini, perchè “rischia di essere uno schiaffo in faccia per chi può avere tanti meriti ma parte da una situazione di diseguaglianza”.
Secondo il numero uno della Cgil, l’obiettivo della scuola è garantire giustizia sociale e universalità dei diritti: “Bisogna mettere le persone nella condizione di dare il meglio di sé e quindi di avere le stesse possibilità”, conclude il sindacalista Confederale.
A sorpresa, a replicare a Landini non è però un politico del Centro-Destra, ma Carlo Calenda, leader di Azione.
“Il merito – sostiene Calenda – è l’unico antidoto a una società classista o a una società appiattita sull’ignoranza. Come realizzare il merito in modo giusto è un dibattito difficile e interessante, rifiutarne il principio è assurdo e antistorico”.
Secondo il numero uno del terzo polo, “la presa di posizione di Landini è incredibile. In nessun paese del mondo il segretario del principale sindacato si dichiarerebbe contro il merito come principio. Questa posizione ideologica spiega perché la Cgil è stata spesso negli ultimi anni un freno alla modernizzazione del paese. Spero che Cisl e Uil prendano le distanze”.
Se la Uil per ora non replica, ci pensa la Cisl a rispondere a Calenda. Con una posizione a metà.
“Sono d’accordo con il ministero del ‘merito’, ma solo se coerente con l’articolo 34 della Costituzione”, ha tenuto a dire il segretario generale della Cisl, Luigi Sbarra, per il quale occorre imporre “un principio che consenta a capaci e meritevoli, indipendentemente dalla loro condizione economica, di raggiungere alti gradi di istruzione e formazione”.
“Dobbiamo lavorare – ha precisato – per un vero principio di uguaglianza nell’apprendimento, nella scuola, nell’istruzione che eviti distinzione di classe e di genere”.
“La scuola è aperta a tutti – ha concluso Sbarra citando letteralmente la Costituzione -: i capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi. Questo è il merito a cui faccio riferimento”.
A schierarsi apertamente contro il “merito” alla base dalla scuola italiana è invece l’ex presidente del Pd Rosy Bindi: interpellata sul tema durante ‘Un giorno da pecora’, su RadioUno, ha detto che “questa parola merito accanto al ministero dell’istruzione è allarmante e preoccupante”.
In conclusione, la Bindi ritiene che “nel caso ci voleva inclusione, non merito. La scuola non può essere selettiva”.
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