La riflessione sull’importanza della valorizzazione del merito non può, né deve prescindere dalla finalità propria della scuola, che è quella di creare un’alleanza educativa, proficua e significativa tra le diverse componenti della comunità scolastica.
Il merito è sicuramente un valore, e come tale va premiato, ma i miti dell’eccellenza e della perfezione possono portare ad una logica del “sempre di più” e del “sempre meglio”, alimentando una competizione continua e non sempre prevedibile negli esiti a medio e lungo termine.
Dal mio punto di vista ha senso parlare di merito se lo si incardina nei valori su cui si struttura un sistema scolastico: l’importanza del rispetto delle singole identità, delle pari opportunità, del successo formativo, del pluralismo.
Per questo ritengo sia importante non considerare il merito come condizione per pochi, quanto come occasione progettuale per costruire nuovi processi di apprendimento dinamici ed efficaci allo svolgimento dei percorsi curriculari, attraverso i quali tutti possano conseguire i propri traguardi.
Dalla legge n. 517/1977 alla legge n. 170/2010 sono stati aperti e sostenuti orizzonti ambiziosi e importanti, all’altezza di un Paese che vuole tutelare il diritto allo studio di tutti gli studenti e, quindi, garantire uguali opportunità per tutti.
Occorre quindi creare condizioni più favorevoli ad una formazione di qualità dei docenti che possa poi avere una positiva ricaduta nel programmare, organizzare, valutare e innovare i processi di insegnamento e di apprendimento.
Siamo tutti convinti, almeno credo, che la scuola contemporanea non può più limitarsi a riproporre le prassi metodologico-didattiche e valutative di fine Novecento.
La complessità attuale ci spinge a fare delle scelte strutturali e sistemiche per non lasciare indietro nessuno.
Anche il programma PNRR Scuola mira alla riduzione dei divari negli apprendimenti e prevede misure importanti per la prevenzione della dispersione scolastica e per il potenziamento delle competenze di base di studentesse e studenti.
Il merito, quindi, non può essere inteso solo come condizione che “loda e imbroda” il singolo studente e il suo individualismo, quanto piuttosto come possibilità per spingere tutti verso livelli di competenze differenti e spendibili nei diversi ambiti sociali ed economici di un Paese in un’ottica inclusiva e collaborativa.
Il merito, dunque, deve tradursi in un’occasione per incidere ancora di più sulla personalizzazione dei piani di studio con l’obiettivo di formare persone capaci di riconoscere e valorizzare le proprie competenze e attitudini, ma anche di trovare negli altri dei collaboratori piuttosto che degli accaniti avversari.
Luigi Giulio Domenico Piliero
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