Il merito in un Paese normale

Vorrei rispondere al prof. Massimo Rossi sulla questione della valorizzazione del merito dei docenti. Lui parte da considerazioni corrette scrivendo dei nostri stipendi bassi, della mancanza incentivi e riconoscimenti per il merito. Aggiunge che “in ogni scuola, accanto ad una maggioranza di docenti preparati, bravi e coscienziosi” c’è anche “una minoranza di persone non all’altezza dei propri compiti”. Ha perfettamente ragione, la maggior parte dei docenti sono preparati, bravi e coscienziosi è questo è esattamente il motivo per cui, a parte le chiacchiere, non hanno mai voluto premiare il merito: sarebbero in troppi da pagare e allo Stato costerebbe troppo.
La maggior parte dei docenti sarebbe anche d’accordo a passare più tempo a scuola dove, oltre alle ore in classe, si potrebbero svolgere tutte quelle attività legate alla funzione docente che normalmente si svolgono a casa: aggiornamento professionale, preparazione delle lezioni, correzioni delle verifiche scritte ecc.. Ovviamente, le scuole dovrebbero attrezzarsi, ci vorrebbero altri locali, mobili, libri, computer, stampanti, scanner, telefoni con costi aggiuntivi di energia elettrica, riscaldamento, materiale di consumo (oggi non ci danno neppure una penna per firmare il registro di classe) ecc.. Perché non si fa? Perché costerebbe troppo allo Stato, non ci sono altre ragioni.
Ma torniamo alla questione del merito. Chi dovrebbe scegliere i docenti migliori? Il Dirigente Scolastico? Ma scherziamo? Come potrebbero essere oggettivi nelle valutazioni? Perché non dovrebbe favorire qualche docente a scapito di altri? Magari semplicemente perché li conoscono da più anni e si è creato anche un rapporto umano tra di loro. Pensate quanto sarebbe sfavorito un nuovo docente trasferito d’ufficio perché soprannumerario che, pur bravissimo, non sarebbe scelto tra i “bravi” solo perché sconosciuto al Dirigente. E poi sappiamo come funziona in Italia, dopo un po’, alla prima crisi, verrebbero tagliati i fondi destinati al merito e, alla fine, resterebbero pochi euro da spartire tra quattro gatti.
Il vero problema, a mio parere, sono le risorse. Ci devono dire quanto vogliono investire per premiare il merito dei docenti. Una parte di queste risorse dovrà necessariamente “pagare” l’anzianità di servizio (si fa così in tutto il mondo), per il resto bisogna che un docente possa fare carriera. Non è possibile che a 67 anni un docente abbia lo stesso inquadramento professionale di quando ne aveva 25! Non è dignitoso! È vergognoso! Ci vuole una carriera, non perché lo decide il Preside, ma perché si hanno i titoli professionali, culturali, perché si sono vinti i concorsi ecc.. Insomma, la carriera si fa in base a criteri oggettivi e, siccome la maggioranza dei docenti sono “preparati, bravi e coscienziosi”, la scuola migliorerebbe e il P.I.L. aumenterebbe e l’Italia diventerebbe un paese normale.
I lettori ci scrivono

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