Apprendere per episodi. Ovvero per unità minime. Ecco in tre parole cos’è la metodologia EAS. E dovendo aggiungere un dettaglio, l’attenzione cade sulla S dell’acronimo che sta per “situato”. Episodi di apprendimento situato, contestualizzato, incentrato su un problema specifico, su una pratica che comporti una vera e propria azione didattica.
Elio Damiano, pedagogista e professore ordinario di Didattica generale presso l’Università di Parma, attribuisce il valore della metodologia EAS nell’azione didattica e nella pratica, fatte di attrezzi e ausilii didattici, che per il pedagogista hanno una valenza notevolmente superiore rispetto alla teoria, in quanto nel fare, nell’agire, nel manipolare troviamo la fonte naturale della conoscenza e dell’apprendimento.
Il docente conclude l’EAS con una breve lezione in cui ricapitola i concetti-chiave, fornisce indicazioni per lo studio ed ulteriori approfondimenti.
Quale ruolo del docente? La metodologia EAS si aggangia alla pratica della mediazione didattica e all’insegnante facilitatore di cui abbiamo parlato in precedenza. In altre parole, l’insegnante è colui che offre la cornice entro cui lavorare, mettendo a punto l’episodio su cui l’alunno sperimenterà il proprio apprendimento in autonomia.
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