Il principino George d’Inghilterra, scrivono le agenzie, è stato affidato a una scuola dove si insegna col metodo “Montessori”, un metodo già presente in oltre duecento scuole in Italia e sessantamila nel mondo, mentre pare che gli ex alunni di questi istituti siano arrivati ai vertici di ogni ramo del sapere, e scienziati che continuano a testimoniarne l’efficacia.
Tuttavia, sottolinea la Repubblica, se il metodo della grande pedagogista italiana è apprezzato in tutto il mondo, proprio nella sua nazione fatica a imporsi.
Quella pedagogia della libertà dove si impara scoprendo e “tastando” il mondo, che sia il bordo ruvido di una lettera, la sagoma di un triangolo, o le perle per i primi conteggi, e dove il bambino è libero di pensare, agire, trovare la sua identità e all’adulto chiede: “Aiutami a fare da solo”.
Ma sembrerebbe tuttavia, spiegano quelli dell’Opera nazionale Montessori, che la scuola pubblica oppone invece una forte resistenza all’apertura di nuove sezioni.
Il metodo Montessori ( la prima donna a diventare medico in Italia, che pensò e sperimentò la sua pedagogia nei quartieri poveri e popolari di Roma, tra bambini disagiati e con deficit intellettivi) infatti è apprezzato ovunque nel mondo, e in particolare nei Paesi anglosassoni, dove si moltiplicano le scuole Montessori, e dove testimonial famosi come i fondatori di Amazon, Gooogle e Wikipedia (élite creativa e finanziaria definita alcuni anni fa dal Wall Street Journal addirittura “Montessori-Mafia”) dicono con chiarezza che l’aver avuto un insegnamento così libero, basato sul “fare”, ha stimolato le loro capacità.
E in Gran Bretagna, secondo il quotidiano, l’effetto George avrebbe fatto impennare la richiesta di iscrizioni.
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Da noi lo scenario è opposto, nonostante il metodo Montessori sia pienamente riconosciuto dal ministero dell’Istruzione e nonostante questo metodo possa i bambini con difficoltà affettive e psicologiche.
La sua validità sarebbe sempre più sottolineata dalle neuroscienze, che ne hanno studiato l’efficacia sullo sviluppo del cervello, ma di contro il suo pensiero si sarebbe incagliato tra i corridoi del Miur, le secche sindacali.
“Siamo i custodi dell’eredità di una delle più grandi scienziate del Novecento- dice Benedetto Vertecchi- ma abbiamo lasciato appassire i suoi studi. In Italia non c’è stata ricerca sul suo pensiero, non c’è stata evoluzione, se non in settori marginali. Ed è stato un gravissimo errore, perché mai come oggi il suo pensiero è attuale, davanti a tanti bambini con difficoltà di apprendimento, che soffrono la scuola tradizionale. Ma io credo che ci sia stato un problema ideologico: ogni tipo di esperienza basata sulla libertà fa paura…”.
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