Il ministero ai Bb Cc intende dare solo una indennità di partecipazione, ma per i candidati si tratta di una manna, nonostante siano previsti cinquemila euro per dodici mesi di lavoro.
Per partecipare al progetto di catalogazione dei beni culturali bisogna essere laureati con 110, mentre per la posizione di archivista il voto minimo previsto dal bando è il 150 che è il massimo.
Il progetto rientra nelle azioni previste dalla legge 112/2013 “Disposizioni urgenti per la tutela, valorizzazione e rilancio dei beni, attività culturali e turismo”, per il quale il ministero ha investito due milioni e mezzo di euro a disposizione di chi ha fatto studi umanistici.
Tuttavia da un calcolo effettuato, il compenso di 5000 euro l’anno per trenta ore settimanali significa che ogni “assunto” porterà a casa tre euro e venti centesimi per ogni ora, mentre non sono previste ferie e per ogni giornata di assenza ingiustificata è comminata la decurtazione del compenso.
Una forma di neoschiavismo culturale da immolarsi sull’altare della crisi e della disoccupazione? Da quanto appare nel bando sembra proprio di si, visto che il ministero cerca gente con un voto altissimo di laurea ma nello stesso tempo la sottopaga, per cui il merito diventa un’occasione per sfruttare le eccellenze e proprio da parte dello Stato.
“Siamo ancora una volta offesi ed umiliati da un sistema politico che ci vorrebbe rendere suoi clienti con una elemosina come quella contenuta in questo bando: 5000 euro per lavorare un anno intero, 30-35 ore a settimana – attacca Alessandro Pintucci, presidente della Confederazione italiana archeologi – Vista la grave crisi che affligge il nostro settore, tra un anno quei 500 “giovani” saranno di nuovo a bussare alle porte di qualcuno per chiedere di estendere il contratto ancora per qualche mese o essere assunti ope legis, novelli miracolati di un paese che non ha intenzione di cambiare passo”.
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