41,8 miliardi di euro, pari al 94,3 per cento, sono le spese preventivate dal Miur per il 2012, dal momento che circa un terzo del totale dei dipendenti pubblici sono a carico del Ministero diretto da Francesco Profumo. Infatti su un totale complessivo di dipendenti statali pari a 3,252,097 milioni, un milione e passa sono nella scuola e 111mila nelle università.
Segue il Ministero dell’Interno, con l’84,5%, e della Giustizia, con l’84% delle spese per il funzionamento.
Questi dati pubblicati dai giornali rischiano di ingenerare facile demagogia tra i fautori dei tagli alla Istruzione, che con semplicistica analisi additano nella scuola la più famelica macchina mangiasoldi dello Stato.
Qualche testata addirittura riprende il vecchio adagio, strombazzato in tempi di tagli lineari e per mortificare la scuola pubblica, secondo cui il Miur sarebbe un ammortizzatore sociale, scordandosi che la percentuale di Pil nazionale investito nell’istruzione è fra i più bassi d’Europa e che questi numeri slegati dal contesto generale possono consentire analisi troppo semplicistiche.
Il punto è sempre lo stesso: se si vuole una istruzione di qualità bisogna dare fondi al Miur sia per qualificare e arruolare insegnanti e sia per migliorare le strutture. Inoltre, se dai conti appioppati alla Minerva si scorporano soldi che in altre parti del mondo sono a carico di altri Ministeri, si scopre che quei 41,8 miliardi siano ben poca cosa.
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