“Una scuola che nonostante la pandemia non si è mai fermata”: il ministro Patrizio Bianchi “Che tempo che fa”, da Fabio Fazio su Rai3, domenica scorsa, è sembrato convinto delle sue idee o, almeno, dell’idea di scuola che lui vorrebbe diffondere nel Paese.
Non ha nascosto nemmeno le criticità, quando ha dato i numeri sulla dispersione e gli abbandoni o sugli asili nido e il tempo pieno che nel Sud sono a livelli ormai non più accettabili: “Si parte dai ragazzi, dai bambini e bambini. Il primo fatto che abbiamo messo dentro il Recovery plan è sulla dispersione scolastica e la povertà educativa. Combattere il fatto che i ragazzi del Sud non hanno i servizi dei ragazzi del Nord. Questo è grave. Ed è grave che gli asilo nido al Nord siano al 50% e in Sicilia al 3%”.
E che oggi lo dica un ministro, restituisce una buona impressione, anche se altre volte lo abbiamo sentito, ma senza risultati apprezzabili, anzi.
“Bisogna recuperare” il tempo perduto, questo almeno è sembrato il leitmotiv di Bianchi: “Noi lavoriamo per una scuola affettuosa, una scuola per costruire l’affetto per gli altri e la socialità. A scuola, dopo anni di individualismo, bisogna tornare ad una scuola di affetti di socialità”.
Parole nuove invero e che sembrano promettere vie diverse per la nostra istruzione che qualche decennio fa subì ingiurie, falcidiandole risorse, insegnamenti e personale, compresa l’idea che dentro questa istituzione è meglio mettere il naso il meno possibile.
All’individualismo, che ha creato masse di egoisti, privi di senso civico, che non rispondono a niente e nessuna regola comune, opporre gli “affetti di socialità” e dunque la condivisione del sapere e delle conoscenze attraverso la scuola pubblica.
Una scuola “affettuosa” dunque e una scuola che “va costruita con l’aiuto di tutti. Su di essa dobbiamo mobilitare il Paese intero. Si parte dai più fragili -dice ancora Bianchi – la scuola è lo strumento con cui ricostruiamo il Paese”.
Parole importanti, queste della mobilitazione della intera Nazione per far rinascere la nostra istruzione, ma dietro le quali parole, che intanto sono di vento, dovrebbe seguire l’azione concreta, quella sul campo, fattiva perché altrimenti l’enfasi con la quale Patrizio Bianchi ha espresso questi concetti si ritorcerà contro di lui e il governo che rappresenta.
“Nel nostro Paese sono le donne che hanno la cura pressoché totale dei bambini e abbiamo messo misure per alleggerire questa situazione e capire come riaprire quanto prima. Bisogna ripensare tutto il mondo del lavoro, è evidente, in questa situazione emergenziale vengono al pettine i nodi di tante storie precedenti“.
Chiaro dunque il riferimento alle amministrazioni passate che hanno preferito gestire l’esistente senza imprimere la svolta decisiva, e non solo sul lavoro dei docenti, ma anche sul lavoro femminile in generale, che ha poche tutele, pochi riconoscimenti, e tanti punti deboli.
L’augurio che facciamo al ministro Patrizio Bianchi è dunque quello di rispettare quanto con così tanto pathos ha detto l’altra sera in tv; abbiamo avuto infatti la percezione che credesse alle sue parole e che non fossero di circostanza. Ci vogliamo credere anche noi.
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