Chi le scrive è un autore di fumetti.
Quei fumetti che all’indomani della sua nomina, con una battuta infelice, lei ha riportato allo stucchevole luogo comune in cui erano rimasti confinati fino a pochi decenni fa: quello di letture poco impegnate, poco stimolanti, sotto sotto diseducative, buone solo per le menti semplici. “Invece di stare tutta l’estate seduti sulla sdraio a leggere i fumetti o a giocare al cellulare, meglio essere stimolati da buone letture o attività che tengano acceso vigile, attento, impegnato il cervello”.
Poco importa che oggi i fumetti si disputino i primi posti delle classifiche dei best seller, raccogliendo nomination per premi letterari prestigiosi come lo Strega. Poco importa che fumettisti italiani come Lorenzo Mattotti abbiano firmato copertine per riviste del calibro di “Le Monde” o “The New Yorker”, o che vari scrittori e artisti di casa nostra collaborino con colossi dell’intrattenimento come Disney/Marvel o DC Comics. Poco importa che la manifestazione sui fumetti toscana Lucca Comics and Games sia ormai la più importante realtà culturale ed economica europea del settore, con oltre 200.000 presenze solo nell’edizione 2017.
Da amante del genere potrei sentirmi meramente infastidito, avendo in libreria romanzi a fumetti ben più sottili di tante dissertazioni sul tema – penso, per esempio, alla bella collana didattica “Comics and Science”, prodotta direttamente dal CNR. Ma da professionista, mi sento toccato nel profondo: perché negando dignità al fumetto lei nega dignità al mio lavoro e a quello di migliaia di altri compagni di avventura: sceneggiatori, disegnatori, editor, coloristi, letteristi, correttori di bozze, responsabili uffici stampa, magazzinieri e chi più ne ha più ne metta.
Certo, come lei ha giustamente osservato, è probabile che quest’estate qualcuno legga un fumetto sotto l’ombrellone. In fondo, l’Italia è il quarto mercato mondiale in fatto di “Comics”, con una produzione di circa 6.000 volumi l’anno e best seller del calibro di Zerocalcare, un autore da 700.000 copie vendute. Ma non tutti i fumettisti sono autori di best seller. l’Italia, infatti, è anche un Paese in cui chi fa fumetti lo fa a suo rischio e pericolo. Spesso, senza un contratto, senza tutele né garanzie di continuità né contribuiti pensionistici o sicurezze di alcun tipo.
Fare fumetti oggi è un meraviglioso salto nel buio, che la maggior parte di noi compie per amore nei confronti di questo linguaggio, delle sue infinite possibilità narrative, dei personaggi indimenticabili che ne costituiscono l’ossatura, di quella che è a tutti gli effetti una espressione unica della tanto celebrata creatività italiana.
Per questo, le chiedo rispettosamente di incontrarla con una piccola delegazione di colleghi per portarle una selezione di fumetti prodotti da alcuni editori italiani in questi anni. Per noi, è l’occasione di farle scoprire un mondo che evidentemente non conosce se non in modo superficiale. Per lei, di dimostrare che quello di cui lei si onora di far parte è davvero il Governo del Cambiamento.
Andrea Viglino
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