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Il Ministro parla del contratto scuola: una dichiarazione “leggera”

Il ministro Bussetti ha concesso un’interessante intervista. Sul contratto 2019-21 ha detto poco. Si è limitato a un principio, rimanendo con i piedi per terra sul resto. Consapevolezza del contesto normativo?

Il ministro Bussetti e il passaggio contrattuale 

Su “Tecnicadellascuola.it” è stata pubblicata un’intervista al Ministro Bussetti. Molto interessante! Chiarisce maggiormente come intenderà muoversi il responsabile del Miur.
In quest’intervento, intendo soffermarmi sul possibile contratto 2019-21.
Si legge.

Domanda:  Capitolo contratto: a fine 2018 sarà già in scadenza. Quando si avvierà la trattativa per il rinnovo? Ritiene che il Governo abbia la possibilità di incrementare gli stipendi di docenti e Ata con cifre più consistenti rispetto ai 40-50 euro netti arrivati dopo nove anni?

Risposta del Ministro:  Dobbiamo lanciare un messaggio chiaro: gli insegnanti svolgono una professione di grande responsabilità. Questo va loro riconosciuto professionalmente ed economicamente. Il loro stipendio dovrebbe essere all’altezza del ruolo che hanno e dell’impegno richiesto. Non possiamo però far finta, come ho già detto in altre occasioni, di non conoscere la difficile situazione dei conti dello Stato. Incontreremo i sindacati a breve e parleremo anche di questo.

Risposta “leggera”, ossia nulla si dice del contesto normativo
Indubbiamente la risposta risulta molto generica. Direi “leggera”. Si conferma la funzione strategica del lavoro del docente e quindi la necessita di un riconoscimento economico. Punto. Questa parte ricorda altre dichiarazioni, come quella di V. Fedeli sul raddoppio dello stipendio,  S. Giannini (“Un contratto per i docenti meritevoli”)… Purtroppo anche nella dichiarazione di M. Bussetti domina il Nulla. In altri termini, manca il contesto normativo e l’azione per superarlo. Mi riferisco al D.Lvo  29/93 .  Scrivevo qualche mese fa: con il suddetto decreto “gli effetti furono immediatamente percepiti . Il rapporto di lavoro fu privatizzato; furono introdotti nel pubblico impiego alcuni criteri, presi dal contesto privato: efficacia, efficienza, economicità; gli scatti biennali furono sostituiti da quelli settennali; fu introdotto il criterio della “moderazione salariale” e soprattutto gli aumenti contrattuali furono vincolati al tasso di inflazione programmata e non più a quella reale

Il prossimo contratto 2019-21, la stessa miseria, a meno che…

Quindi non illudiamoci! A quadro normativo invariato avremo la solita “mancetta”. In questo condivido la posizione di S. D’Errico (Unicobas) che durante la trattativa del contratto 2016-18 dichiarava:”Per ottenere un contratto degno di questo nome – ha detto il sindacalista di base – occorre un accordo specifico per la scuola e quindi svincolarsi dal pubblico impiego, anziché creare un compartone in ossequio alla Madia: il problema però nasce dal decreto legislativo 29 del 1993, che ha relegato all’angolo tutti quelli che ne fanno parte, Scuola compresa, eliminando per loro il ruolo a favore dell’incarico a tempo indeterminato, gli scatti d’anzianità biennali per lasciare spazio ai gradoni di 6-7 anni e dovendo pure dire addio agli aumenti superiori all’inflazione programmata“.

di Gianfranco Scialpi

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