In questi Paesi sono presenti scuole finanziate dallo Stato ma gestite da privati, con modalità diverse: è il caso delle Charter Schools americane, delle Academy Schools inglesi, delle scuole private a contratto in Francia e delle Scuole private a diversa “denominazione” nei Paesi Bassi.
Quello che li accomuna tutti è la scelta di diversificare l’offerta formativa, consentendo l’apertura di scuole “indipendenti”, finanziate nella stessa misura o quasi delle corrispondenti scuole statali.
Il “Quaderno” si conclude con il caso delle scuole paritarie in Italia: l’assegnazione dei fondi pubblici viene effettuata parzialmente e in un clima di sostanziale incertezza e aleatorietà.
Con queste caratteristiche, il “contributo” dello Stato (ed anche degli altri enti pubblici) risponde solo simbolicamente ai principi di pluralismo dell’offerta formativa, diritto di scelta delle famiglie, sussidiarietà tra iniziativa statale e privata, e natura pubblica del servizio educativo affermati dalla legge n. 62/2000 sulla parità scolastica.
Un senso di scoramento e frustrazione avrà accolto i presenti al pensiero che l’Italia che ha insegnato all’Europa la libertà di scelta educativa si trova a fare i conti con una scuola mai liberata. Quando prendono la parola l’on.le Berlinguer e il ministro dell’istruzione Giannini si capisce che forse anche il clima italiano è cambiato.
Si assapora così la cultura del buon senso e la laicità in tutta la sua saggezza che si leva alta sopra le letture miopi ed ideologizzate. Accenniamo per punti ai passaggi ritenuti di svolta per chi scrive.
L’ex ministro Berlinguer auspica che il tema scuola sia liberato dalla diatriba destra e sinistra che mal gli si confà e che la sinistra maturi un linguaggio capace di guardare alla libertà di scelta educativa in un pluralismo educativo. Un impegno che l’Italia non può non assumersi, conferma il ministro Stefania Giannini mentre plaude all’auspicio dell’on.le Berlinguer di “convergenza su questo tema da parte delle forze politiche”.
Finalmente anche in Italia si torna a parlare di scuola ma “è sempre più indispensabile compiere un processo culturale che restituisca il corretto significato etimologico alle parole”, dichiara subito il Ministro.
Pubblico è ciò che è fatto per l’interesse pubblico, quindi non implica necessariamente e solo la gestione statale. Aggiunge Stefania Giannini che “se parlando di questo tema non riusciamo a superare questa apparente dicotomia tra destra e sinistra di ciò che in fin dei conti rappresenta solo un errore lessicale non arriveremo mai al nocciolo di una azione finalizzata ad una educazione di qualità, ad una scuola libera, inclusiva e competitiva”.
Sono due le dimensioni che debbono essere ricondotte: il corretto esercizio della libertà di educazione deve essere un impegno politico, non solo a) da un punto di vista economico e sociale ma b) soprattutto su un piano umano.
Ripercorrendo le fondamenta giuridiche, il Ministro indica come ci sia uno sfondo di diritto naturale che dovrebbe portare all’attuazione di questi principi. In merito c’è un’altra parola che va restituita al suo valore primario ed è pluralismo, che vuol dire percorrere diverse strade per arrivare ad un medesimo traguardo.
Principi di diritto, questi, che potranno essere garantiti attraverso una reale applicazione del principio di sussidiarietà.
Si tratta di un’azione culturale che, per quanti sono appassionati di dichiarazioni colte, potrebbe già essere sufficiente; eppure è qui che giunge il vero lampo in fondo al tunnel.
Stefania Giannini aggiunge che occorre essere concreti e tradurre simili principi di diritto riconosciuti in un percorso, in passaggi concreti. Per la prima volta, forse, almeno sin dove può giungere la nostra memoria storica, si accenna a dei passi concreti per un sistema scolastico che sia inclusivo e competitivo: 1. Autonomia ; 2. Rivisitazione del finanziamento; 3. Valutazione; 4. Programmazione; 5. Apertura al contesto.
Essendo ormai abbagliati dalla luce in fondo al tunnel, il Ministro si spinge oltre e accenna a indirizzi politici in continuità con il Governo che ha posto nella scuola il punto di partenza:
1. Costo standard; 2. Valutazione e premialità; 3. Valorizzazione delle reti di scuole.
“Le buone idee senza risorse sono prima sogni e poi frustrazioni; ecco perché occorrono dei passi concreti”: parole che riportavano alla mia memoria quella seconda fase della garanzia del diritto che l’Italia attende dal 1948.
Una giornata, che a voler essere ottimista ma non troppo, corona l’auspicio di convergenza di tutte le forze politiche intorno ad un tema che possa restituire dignità all’individuo, allo studente, alle loro famiglie che, libere di scegliere il loro percorso educativo, si possano riappropriare del diritto più naturale e laico che esista. Si incassa l’auspicio della destra, che in una nota la responsabile scuola di FI on.le Centemero esprime: “Da tempo, Forza Italia propone l’introduzione anche per le scuole del costo standard, un modo per razionalizzare i finanziamenti e migliorare i servizi offerti.” Finalmente eccoci all’anello mancante, l’unica possibilità di garanzia di questo diritto.
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