Se dovessi scegliere un modello pedagogico, quale preferirei? Tra quello cognitivo o tradizionale che mette al centro il sapere; quello attivo-induttivo che si serve dell’esperienza e della ricerca; e quello interattivo che si basa sul dialogo coscientizzatore fra docente e studenti? Confesso che li sceglierei tutti e tre, in modo combinato.
Infatti, la mia lezione tipo si concretizza in questo modo: inizio sempre con una rapida fase di riscaldamento o stimolazione motivazionale (metodo attivo-induttivo), attraverso domande miranti a problematizzare l’argomento. Lo faccio servendomi di un brano, breve ed incisivo. Oppure, partendo da un frase emblematica, scritta in grande sulla lavagna, una massima che sintetizza il tema della lezione e scatena il pensiero dei ragazzi. Solo dopo, inizia la fase vera e propria dell’esposizione didattica.
Da commerciante della conoscenza, mi sforzo, però, di selezionare il sapere più “significativo”. Quello che si pone in coerenza con le conoscenze già esistenti, in sintonia con i problemi culturali del presente. E’ significativo anche ciò che appare “utile” al ragazzo, rispondente ai suoi bisogni conoscitivi e socialmente spendibile.
Un sapere è, inoltre, significativo, se viene esposto, non in modo globalizzante, olistico, ma strutturato, facilmente assimilabile, anziché mediante lunghi discorsi o letture. Io ho un debole per gli “asterischi”. Sono schemi ad otto braccia che si ottengono sovrapponendo una croce sopra una “x”. Il sapere, in tal modo, può essere distribuito su otto punti, con vantaggio per la didattica, l’apprendimento e la verifica.
Non mi disperdo, allora, in inutili digressioni e l’alunno viene educato alla disciplina mentale dell’essenzialità e dell’organizzazione architettonica delle conoscenze. Durante la lezione, faccio un uso continuo del dialogo e dell’ironia socratica, basata sulla finzione d’ignoranza. In tal modo, induco l’allievo all’attivazione mentale, ottenendo un’attenzione costante. Inoltre, il dialogo espositivo, può trasformarsi, ad intervalli, in occasioni di verifica, estemporanea e parziale, che mi permette di valutare gli alunni sulle tematiche appena trattate. Faccio seguire, a questo punto, in tempi previamente programmati, la verifica globale di fine unità, con un’attenzione fondamentale alla dimensione cognitiva, senza però trascurare quella logico-argomentativa. Non ho mai creduto a quanti enfatizzano le competenze e le capacità, minimizzando le conoscenze. Le due cose vanno insieme. Non c’è musica senza lo strumento, non c’è il camminare senza le gambe. Del resto, è vero anche il contrario. A che giova avere le gambe se non sai camminare? Possedere delle conoscenze se non sei capace di applicarle?
Nel mio metodo, dunque, c’è il dialogo ininterrotto di Socrate; il riferimento alla vita di Dewey; la strutturazione del sapere di Jerome Bruner, di cui sono un convinto discepolo.