Attualità

Il mio “sciopero bianco” contro il decreto “Concretezza”

Impronte digitali, tema caldo nella scuola. Dirigenti scolastici in rivolta contro il testo del decreto-concretezza, licenziato dalla Camera ed in corso di approvazione al Senato.

Come mi capita spesso, ultimamente, di ripetere, l’esperienza ed il corso degli anni oramai mi consentono parecchie cose, compresa la libertà del “distacco”, nel senso della coscienza di sé e delle mille relazioni.

Il che non implica un atteggiamento scettico o negativo, ma la ricerca, invece, per quello che ne sono capace, dell’essenziale. Sempre, ovviamente, nel rispetto di tutti e secondo le responsabilità che mi competono.
Ma vengo al dunque.

Nel d.d.l. definito “Concretezza”, proposto dal ministro della pubblica amministrazione, e approvato ieri dalla Camera, viene prevista, non per i docenti, ma per i presidi (parlo qui solo del mondo della scuola, anche se è un ddl che si rivolge a tutta la pubblica amministrazione), una azione costrittiva che è contraddittoria con la responsabilità dei risultati, secondo una flessibilità del proprio tempo di lavoro, sulla quale gli stessi presidi vengono poi valutati dalla propria Direzione Regionale.

Dunque, si prescrive anche per i presidi la tracciabilità del proprio orario di servizio, addirittura con le impronte digitali o la verifica dell’iride.

Il tutto per contrastare, è stato detto, l’assenteismo già denunciato più volte in alcuni ambienti della pubblica amministrazione.

Il problema è che, ancora un volta, si spara nel mucchio sperando di colpire qualche mela marcia. Altro modo per dire l’inefficienza, in termini di verifiche, della stessa pubblica amministrazione. Il grande vulnus italiano.

Ma il governo forse non sa, nonostante il ministro ed il sottosegretario con delega sulla scuola siano dei presidi prestati alla politica (il che dice della loro non-autorevolezza), che i presidi italiani negli ultimi anni, per poter corrispondere alle sempre più pressanti richieste amministrative, compresa l’assegnazione d’ufficio di una seconda scuola in reggenza, proprio perché sanno di dover rispondere dei risultati, di fatto sono sempre a scuola, sono sempre collegati, sono sempre col pensiero alle mille situazioni e relazioni che le comunità scolastiche presentano quotidianamente. Per cui, nei fatti, fanno poche ferie, e la loro dedizione alla scuola li porta ad essere impegnati ogni giorno dalla mattina alla sera, fine settimane compresi.

Del resto, lo sappiamo, viste le richieste e le pressioni, fanno fatica applicare a se stessi il “diritto alla disconnessione”: sempre disponibili, sempre con la porta aperta, sempre pronti a dare una mano.

Ora, come sanno quelli che conoscono le cose, posso affermare che i presidi non si limitano alle canoniche 36 ore, come per tutto il pubblico impiego, ma di fatto sono sempre al lavoro. Tutti coloro che hanno responsabilità di sistema sanno ciò che sto dicendo, capiscono cioè al volo.

Se ci fosse qualcuno che non fa il suo dovere, credo sia scorretto sparate nel mucchio, ma vanno fatte le giuste verifiche, secondo il principio della responsabilità personale.
La pretesa, dunque, di ridurre un ruolo dirigenziale a mero atto impiegatizio, in attesa delle deliberazioni ministeriali di applicazione di questa nuova norma, mi costringe e ci costringe, per paradosso, al più rigoroso rispetto del nostro contratto di lavoro.
Per cui, ecco la mia decisione: dovrò limitarmi alle canoniche 36 ore di servizio, senza un minuto in più. Non solo, visto che negli anni ho accumulato decine e decine di giorni di ferie non godute e non monetizzate dallo Stato, inizierò in modo scientifico a recuperare i giorni di ferie non godute.

Per le mie quotidiane faccende, mi limiterò agli aspetti generali, annullerò, quando oltre l’orario, la disponibilità ad incontrare docenti, studenti e genitori, compresi i rapporti con le pubbliche amministrazioni e gli enti esterni. Solo l’essenziale. Ovviamente applicherò il diritto alla disconnessione.

Così proverò a ridimensionare lo stress, e a curare la salute.
Dato, poi, che, per raggiungere la scuola in reggenza (servizio quasi gratuito), non è stato concesso l’uso del mezzo proprio, in assenza di mezzi pubblici vedrò di centellinare la mia presenza.

Le due scuole ci rimetteranno in termini di qualità del servizio? Parlo di due scuola che contano assieme 136 classi e 3.300 studenti in più sedi.
Nessuno è Salvatore della Patria.

Non sarò più un dirigente, ma un mero impiegato dello Stato, entro i ferrei limiti contrattuali

Gianni Zen

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