È accaduto a, insegnante precaria di 33 anni di Senigallia, in provincia di Ancona, che ha ingaggiato una battaglia per avere 15 mila euro, l’ammontare degli emolumenti mai pagati.
Il Fatto quotidiano riporta un’altra stramberia che capita nella scuola.
Una docente, dopo alcuni mesi di supplenza, non vede un soldo finchè a settembre quando inizia il nuovo anno scolastico “si è rivolta al ministero dell’Istruzione che non ha avvistato alcun difetto nella registrazione del suo contratto. Ad accorgersi del problema è stata una solerte impiegata della scuola dove lavorava la prof: il suo stipendio era stato accreditato ad un’altra insegnate precaria, omonima, ma residente a Roma con altro conto corrente e chiaramente un diverso codice fiscale”.
“La nostra associata – spiega l’associazione dei Consumatori a cui la docente si è rivolta – prima di arrivare ai nostri sportelli ha provato a sentire direttamente il ministero delle Finanze che si è accorto del problema ma le hanno risposto di prendere contatto direttamente con l’altra”.
“Abbiamo diffidato il ministero delle Finanze a pagare, siamo in attesa della risposta. Tale condotta sta creando gravi danni all’insegnate senigalliese, costretta ad erodere i propri risparmi ed a ricorrere all’aiuto di familiari per il proprio sostentamento. L’aspetto tragico – comico di tale vicenda è che tra i soggetti del ministero nostri interlocutori c’è NoiPa, il sito telematico che dovrebbe accelerare la soluzione dei problemi che i dipendenti pubblici hanno con la pubblica amministrazione”.
Un rebus non risolto, spiega Il Fatto: “Questo tira e molla tra uffici sta andando ancora avanti. Il problema è che la ragioneria dello Stato ha associato i dati bancari e fiscali della marchigiana all’omonima romana. Non si capisce come possa essere accaduto intanto fino a ieri abbiamo ricevuto risposte vaghe dalla ragioneria di Stato territoriale che ha il compito di pagare gli emolumenti. Ora si stanno rimpallando il problema tra uffici ma la prof non ha ancora visto un centesimo”.
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