L’insegnamento universitario differisce sostanzialmente da quello della scuola secondaria: rispondono a modelli differenti. La conoscenza, la cui trasmissione è finalità del primo, diventa lo “strumento e l’occasione d’apprendimento” del secondo.
Da un lato i docenti universitari, avendo a riferimento lo statuto della disciplina insegnata, vivono in piena libertà; dall’altro lato la scuola è sistema, il cui orientamento ne vincola le attività.
I Ministri che si sono succeduti alla guida del Miur hanno maturato le loro esperienze professionali in ambito accademico. Questa l’origine della loro fissità: la parcellizzazione degli insegnamenti e la specificità delle discipline hanno condizionato le loro elaborazioni. I pochi, non provenienti dalle università, tra cui l’attuale ministra Fedeli, hanno decodificato il loro compito in funzione delle attività ministeriali precedenti.
La divaricazione tra i due modelli ha avuto inizio alla fine degli anni ’60 del secolo scorso, culminata nel ’73 quando al Governo è stata delegata la funzione legislativa per l’istituzione e il riordinamento di organi collegiali. Una commissione d’esperti è stata costituita col compito d’elaborare il testo dei decreti delegati del ‘74, commissione formata da esperti, persone qualificate, prevalentemente non ministeriali.
La cultura sistemica è stata insufflata nell’ordinamento.
La struttura del sistema scuola prevista introduce organi strategici, tattici, esecutivi. La funzione strategica, che consiste nell’elencazione dei traguardi che il sistema scuola deve conseguire [“elaborazione e adozione degli indirizzi generali”], compete a un organismo presieduto da un genitore.
Una vera rivoluzione.
1) La gestione scolastica inverte il suo cammino: s’identifica la finalità per poi scomporla in obiettivi e formulare, applicare e controllare le ipotesi di lavoro.
2) I presidi e i docenti perdono l’egemonia della formazione e dell’educazione.
Una rivoluzione annunciata ma non praticata.
1) I dirigenti scolastici non hanno mai stilato ordini del giorno per vincolare gli organismi collegiali alle loro responsabilità, demotivandoli.
2) Gli organi centrali e gli organi periferici di supervisione e di controllo non hanno mai rilevato la sistematica elusione della legge.
3) La legge 107/2015 si è schierata col fronte che osteggia la cultura sistemica e ha reintrodotto l’anacronistico e inefficace modello organizzativo gerarchico-lineare.