Il mondo della scuola pubblica è sotto attacco da almeno una quindicina di anni, se non più. Da quando, nel 1998 (in carica c’era un governo di “centro- sinistra” presieduto da Romano Prodi ed il ministro della Pubblica Istruzione era Luigi Berlinguer) fu istituita la famigerata “autonomia scolastica”, in particolare l’autonomia tecnico-finanziara ed amministrativa, che ha inferto tagli notevoli al budget economico delle scuole, in quanto ha permesso al governo centrale di intraprendere una politica di disinvestimenti a discapito delle scuole pubbliche, ormai definite “autonome”, ossia abbandonate di fatto a sé stesse. Nel contempo, i soldi sono stati dirottati altrove, cioè nel settore privato.
L’ultima riforma virtuosa ed apprezzabile che io ricordi, risale all’introduzione dei “moduli didattico-organizzativi” nella scuola ex elementare (primaria). Fu varata nel 1990 e reca la firma dell’allora ministro dell’istruzione, l’attuale presidente della Repubblica. Si trattava di una riforma ispirata da una visione pedagogica seria e credibile, pluralista e democratica. Inoltre, anziché tagliare, prevedeva investimenti e creava anche nuovi posti di lavoro: il “modulo didattico” era una soluzione organizzativa formata da tre insegnanti dotati di pari dignità e titolarità (vale a dire che non esisteva una gerarchia tra un collega di serie A ed uno di serie minore) che ruotavano su due classi. Questo era il nucleo organizzativo base, il più diffuso, ma io ho lavorato (bene) anche in moduli “anomali” composti da più di tre/quattro docenti su tre classi.
Insomma, il modulo aboliva e superava la scuola del maestro unico ed introduceva nella scuola elementare una pluralità di figure didattiche. Le quali offrivano esempi comportamentali e modelli socio-educativi vari e diversi. Il che abituava gli alunni ad una coesistenza con le differenze culturali. E non mi pare una novità da poco. Per almeno diciassette anni quella riforma funzionò a meraviglia, ma nel 2008 venne la Gelmini ed eliminò i moduli, restaurando la figura del maestro unico o, meglio, una figura didattica prevalente.
Per ragioni di mera ragioneria aziendale e non pedagogiche. Infine, la legge 107/2015, varata dal governo in carica, sta per infliggere la mazzata finale a quella che un tempo era la migliore scuola elementare del mondo, ovvero una delle migliori.
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