“Ricordare non è soltanto dare onore, esprimere riconoscenza a chi si è impegnato per conquistare la libertà, ma è anche un richiamo a non addormentarsi”.
A dirlo è stato il presidente della Repubblica. Sergio Mattarella, durante la cerimonia di intitolazione della scuola media di Coazze al comandante partigiani Giulio Nicoletta: il Capo dello Stato ha ricordato del pericolo di dare per scontato che la pace è dovuta, soprattutto “quando si sta da molto tempo in tranquillità, in pace. Si rischia di addormentarsi dimenticando quanto sia sempre importante vigilare sulla conservazione della libertà e della democrazia”.
“Sono molto contento di essere qui – ha aggiunto Mattarella-. Intitolare questa scuola al Comandante Giulio Nicoletta è una scelta non soltanto doverosa per ricordarne la figura e il contributo che lui, come tanti altri, ha dato alla Liberazione del nostro Paese in anni difficili, drammatici. Non è soltanto un ricordo – che è già significativo – non è soltanto per conservare la memoria, che una cosa doverosa. È anche un monito per tutti noi, giovani e anziani”.
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Mattarella ha poi esaltato il valore dell’istruzione: “ragazzi, ricordatevi che la scuola è una realtà importante perché vi avvicina alla responsabilità. La scuola – ha aggiunto – è il primo ambiente con cui i ragazzi entrano in contatto, è il primo ambiente istituzionale. È lì che si forma il futuro del nostro Paese, che è nelle vostre mani. Vi faccio molti auguri, ragazzi; ricordatevi sempre di chi si è impegnato e pensate a costruire bene il vostro futuro”.
A tal fine, il dolore per i caduti della Resistenza è “da conservare sempre nella memoria per difendere la libertà”, aveva tenuto a dire il presidente della Repubblica qualche ora prima, rendendo omaggio all’Ossario di Forno di Coazze, dove sono conservati i resti di 98 partigiani uccisi nella guerra di liberazione.
Mattarella, accompagnato da Piero Fassino, presidente del Comitato dell’ossario ha ricordato nel suo intervento “il carattere popolare, interclassista e sovranazionale del movimento di liberazione”, rappresentato dalla “presenza di tombe di civili, partigiani, soldati stranieri”. E, persino, “di una manciata di terra portata qui, in un loculo, dal figlio di un deportato morto ad Auschwitz”.
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