Fanno clamore le parole del governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco, che il 31 maggio, nel corso dell’Assemblea Annuale ha chiesto di rilanciare il Paese attuando il prima possibile “un sistema di riforme efficaci e lungimiranti”. Visco ha spiegato che è necessario, in particolare, puntare su tagli selettivi, ma anche applicare la riduzione del carico che tartassa il lavoro. Perché è la mancanza di lavoro la spina nel fianco del nostro sistema e la piaga che affligge in particolare i più giovani.
“Non siamo stati capaci di rispondere agli straordinari cambiamenti geopolitici, tecnologici e demografici degli ultimi 25 anni”, ha detto il governatore. E ancora: “in molti casi, varate le riforme, hanno tardato, talvolta ancora mancano, i provvedimenti attuativi; non sono cambiati i comportamenti dell’amministrazione. E’ un tratto ricorrente dell’esperienza storica del nostro Paese: le principali difficoltà non risiedono tanto nel contenuto delle norme, quanto nella loro concreta applicazione”.
Largo, quindi, ad una adeguata “riduzioni di imposte (…) privilegiando il lavoro e la produzione”. Per poi anche specificare che “il cuneo fiscale che grava sul lavoro frena l’occupazione e l’attività d’impresa”.
E il “fuoco” di Visco è puntato soprattutto sui giovani per il cui ingresso e permanenza da occupati nel mondo del lavoro “vanno poste le condizioni per sfruttare appieno strumenti e agevolazioni già previsti dal nostro ordinamento”. Nella stessa giornata, forse non a caso, vengono pubblicatigli ultimi dati Istat sui tassi di disoccupazione: dal 2007 il numero di chi cerca lavoro è di fatto raddoppiato, attestandosi all’11,7% (sono oltre 3 milioni) lo scorso marzo e attorno al 40% tra i più giovani.
E il “fuoco” di Visco è puntato soprattutto sui giovani per il cui ingresso e permanenza da occupati nel mondo del lavoro “vanno poste le condizioni per sfruttare appieno strumenti e agevolazioni già previsti dal nostro ordinamento”. Nella stessa giornata, forse non a caso, vengono pubblicatigli ultimi dati Istat sui tassi di disoccupazione: dal 2007 il numero di chi cerca lavoro è di fatto raddoppiato, attestandosi all’11,7% (sono oltre 3 milioni) lo scorso marzo e attorno al 40% tra i più giovani.
Ed a loro che Visco dedica la parte finale del suo intervento. Il mondo del lavoro, d’altra parte, vede ormai la progressiva scomparsa di vecchie professioni e “negli anni a venire i giovani – ha ricordato il governatore della Banca d’Italia – non potranno semplicemente contare di rimpiazzare i più anziani nel loro posto di lavoro”. Alla luce di queste considerazioni Visco chiede che siano assicurate le condizioni per la nascita e crescita di nuove imprese e generare nuove opportunità di impiego.
In particolare, in un mondo del lavoro ormai percorso da caratteristiche nuove, secondo il governatore “la formazione professionale andrà sviluppata per coprire un’intera vita lavorativa caratterizzata dalla mobilità e dal cambiamento, da tutelare con rafforzati sistemi di protezione e assicurazione, pubblici e privati, nei periodi di inattività”. A scuola e università spetterà quindi il compito di sostenere questo processo garantendo un’istruzione adeguata per qualità e quantità, “mirando con decisione ad accrescere il livelli di apprendimento e a sviluppare nuove competenze”.
Le parole di Visco sono, a ben vedere, in linea con quelle pronunciate a fine marzo, a commento della “fotografia” impietosa Istat-Cnel sull’avanzare della disoccupazione tra i giovani italiani. Negli ultimi 5 anni, aveva evidenziato il governatore, “il tasso disoccupazione giovanile è sceso molto di più che per le persone più adulte. Quando c’è’ una recessione – ha proseguito – ci dovrebbe essere la tendenza a investire di più in formazione e istruzione ma ci vogliono le risorse e la percezione che questo serva. La percezione non c’è – ha riconosciuto Visco – questo spiega il 28 per cento di giovani disoccupati al nord e il 40 per cento al sud. Quello che è mancato è stata una forte domanda di ricerca di conoscenza”. Il problema, insomma, rimane sempre quello.
In particolare, in un mondo del lavoro ormai percorso da caratteristiche nuove, secondo il governatore “la formazione professionale andrà sviluppata per coprire un’intera vita lavorativa caratterizzata dalla mobilità e dal cambiamento, da tutelare con rafforzati sistemi di protezione e assicurazione, pubblici e privati, nei periodi di inattività”. A scuola e università spetterà quindi il compito di sostenere questo processo garantendo un’istruzione adeguata per qualità e quantità, “mirando con decisione ad accrescere il livelli di apprendimento e a sviluppare nuove competenze”.
Le parole di Visco sono, a ben vedere, in linea con quelle pronunciate a fine marzo, a commento della “fotografia” impietosa Istat-Cnel sull’avanzare della disoccupazione tra i giovani italiani. Negli ultimi 5 anni, aveva evidenziato il governatore, “il tasso disoccupazione giovanile è sceso molto di più che per le persone più adulte. Quando c’è’ una recessione – ha proseguito – ci dovrebbe essere la tendenza a investire di più in formazione e istruzione ma ci vogliono le risorse e la percezione che questo serva. La percezione non c’è – ha riconosciuto Visco – questo spiega il 28 per cento di giovani disoccupati al nord e il 40 per cento al sud. Quello che è mancato è stata una forte domanda di ricerca di conoscenza”. Il problema, insomma, rimane sempre quello.
A sostenerlo sono anche gli studenti, secondo cui i dati Istat odierni hanno evidenziato “come la disoccupazione giovanile sfiori i 42 punti percentuali, con un aumento esorbitante nell’ultimo anno. “Il Governo Letta – dice Federico Del Giudice, portavoce nazionale della Rete della Conoscenza – continua, come avevano fatto i predecessori, a dire che la priorità sono i giovani e la disoccupazione giovanile. I fatti dimostrano il contrario, visto che le politiche fin ora attuate dall’Esecutivo parlano solo di contentini ai vari partiti della maggioranza mentre negli ultimi anni sono stati smantellati i sistemi di welfare e di istruzione e è stato ulteriormente precarizzato il mondo del lavoro”. Secondo il portavoce dell’associazione studentesca “è necessario ripensare il welfare introducendo in Italia forme di Reddito, specialmente il Reddito di Formazione che possa guidare i giovani dal percorso di formazione al mondo del lavoro”.