Avete presente la vecchia sigla dei Simpson in cui c’è Bart che in classe, alla lavagna, scrive per punizione decine di volte la stessa frase? Ebbene, l’ultimo numero della rivista New-York Magazine riproduce in qualche modo questa scena, riportando per tutta la copertura la frase “I will not say gay”. In mezzo, il titolo dell’inchiesta portante dell’edizione dell’8 maggio scorso: “The Republican classrom”, l’aula scolastica dei Repubblicani.
La frase, ci ricorda il Courrier International, è una chiara allusione alla legge soprannominata “Don’t say gay”, Non dire gay, adottata nel 2022 in Florida per limitare il più possibile nelle scuole l’evocazione di tematiche legate all’identità di genere e all’orientamento sessuale.
Secondo gli autori dell’inchiesta, la legge in questione è soltanto un esempio tra i tanti dell’offensiva che il probabile prossimo candidato alla Casa Bianca, il repubblicano Ron DeSantis, starebbe sferrando contro la libertà di pensiero e di insegnamento nelle scuole del Paese. Rincarando poi la dose, il New-York Magazine aggiunge che i conservatori vogliono assumere il controllo delle aule scolastiche americane, convinti come sono che i professori effettuino uno scientifico lavaggio del cervello agli studenti, per trasformarli in “comunisti” e “marxisti”, come più volte Donald Trump ha definito gli intellettuali e i politici di sinistra.
E il problema non riguarderebbe soltanto la Florida. Infatti, questo presunto, immaginario pericolo di indottrinamento – sempre secondo la rivista americana – avrebbe spinto almeno 28 Stati ad adottare proposte di legge tendenti a stabilire, per decreto, cosa fare studiare e cosa no agli alunni delle scuole pubbliche. Il tutto, condito da una serie di “epurazioni” che hanno colpito bibliotecari, docenti e anche dirigenti scolastici. Ricorderete che sempre la Florida è finita recentemente nell’occhio del ciclone per la nota (e desolante) vicenda della preside licenziata in tronco per avere mostrato il David di Michelangelo ai suoi alunni….
Il New York Magazine invita a prendere sul serio questa offensiva repubblicana, che i democratici – sottolinea l’autore dell’inchiesta – tendono a sottovalutare ma che potrebbe rivelarsi come l’inizio di una lenta ma inesorabile “guerra di conquista” della scuola americana.