E infatti scrive il prestigioso quotidiano statunitense “Storicamente né la penna, né la spada sono state particolarmente efficaci quando si tratta di combattere la ‘ndrangheta, l’organizzazione criminale che soffoca la Calabria. Ma un festival letterario sta contribuendo a infrangere un muro di silenzio radicato, alimentato da una miscela di paura e rassegnazione”.
L’autore dell’articolo cita Tano Grasso, ideatore dell’iniziativa, giunta alla seconda edizione, e “fondatore della prima associazione antiracket d’Italia nel 1991”, (combattere la mafia può assumere diverse forme. Anche parlarne ti rende più forte) e poi Lirio Abbate, direttore del festival. E ancora è scritto sul New York Times: “La ‘ndrangheta ha da tempo esteso i suoi tentacoli nel tessuto sociale di questa città, flettendo il suo controllo su opere pubbliche e private con molteplici rapporti. Questo è il motivo per cui non potrà mai essere sconfitta solo da magistrati o dalle forze dell’ordine, ma deve essere sradicata dalla cultura della Calabria. Questo ha detto il direttore del festival, Lirio Abbate, un giornalista che vive sotto scorta dopo la pubblicazione, nel 2006, di un libro sulle collusione della politica con le organizzazioni criminali in Italia.
La Calabria oggi è Palermo 30 anni fa, dove non si poteva dire la parola mafia a voce alta, ha detto Abbate, riferendosi alla città siciliana. Ecco perche siamo venuti qui, a portare magistrati, giornalisti, autori e cercare di rompere il muro di omertà”.
Nell’articolo vengono poi citati alcuni interventi dell’editore Florindo Rubbettino, della giornalista Manuela Iatì, del sacerdote don Giacomo Panizza oggetto di vari atti intimidatori, del sindaco Gianni Speranza. (ANSA).
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