Finora lo storico Liceo Classico “Pilo Albertelli” di Roma sarebbe l’unico in tutta Italia ad aver bocciato il “Piano Scuola 4.0”, o meglio i progetti del PNRR “Next generation Labs e Classrooms”. Il Consiglio d’istituto del Liceo — intitolato al Professor Pilo Albertelli, che in questo Liceo insegnò prima di venir barbaramente torturato e poi trucidato alle Fosse Ardeatine perché da sempre antifascista — ha rigettato maggioranza due progetti presentati dal dirigente scolastico e destinati a cambiare totalmente gli spazi didattici, orientandoli verso una marcata tecnologizzazione. Così facendo, il liceo ha temporaneamente rinunziato a finanziamenti con fondi del PNRR che superavano i 270.000 euro: decisione che è facile bollare come folle e ideologica in un quadro nazionale della Scuola italiana cronicamente definanziata, con edifici fatiscenti, salari ignominiosi, classi affollate e carenze di personale. E infatti il “mostro” è finito in prima pagina: il coro di condanna si è aperto con le bordate di Repubblica, che ha stigmatizzato la scelta in un articolo del 15 maggio.
All’articolo replicano però i genitori dell’“Albertelli” (tra i quali figurano anche professionisti e docenti universitari, quindi non certo luddisti di due secoli fa) con un articolato Comunicato Stampa, che spiega la decisione presa dal Consiglio d’istituto: «Questi progetti cosa propongono? Leggeteli prima di dire che chi li rifiuta sta facendo una battaglia contro le tecnologie ed è fermo all’800. Vengono per esempio prospettati laboratori per diventare curatori di play-list (professione per la quale le app che oggi si possono incontrare in un laboratorio saranno più che sorpassate tra qualche anno) e poco altro, dello stesso tenore».
Il Comunicato stigmatizza come poco democratico il metodo usato per imporre dall’alto alle scuole di tutta Italia un cambiamento strutturale della didattica, che andrebbe — secondo legge — prima discusso e passato al vaglio della critica consapevole dei docenti nei loro organi collegiali: «I progetti sottoposti al Consiglio d’Istituto sono stati elaborati dal Dirigente Scolastico; non sono stati sottoposti al Collegio dei Docenti che non ha potuto esprimere un proprio parere; gli studenti hanno lamentato di non essere stati informati e coinvolti». È d’altronde risaputo che l’utilizzo dei fondi verrà comunque imposto a tutte le scuole senza possibilità di dissentire.
La frase che apre il documento, infatti, è «Insegnanti, genitori e studenti del Liceo Pilo Albertelli di Roma difendono la scuola pubblica». Si ribadisce che «non sono stati due genitori a bocciare i progetti del PNRR, ma la maggioranza del Consiglio di Istituto, organo unitario di indirizzo della scuola in cui sono rappresentate tutte le componenti: a favore dei progetti hanno votato solo il dirigente scolastico e un genitore». Si smentisce dunque chi dipinge la decisione del Consiglio d’istituto «come il risultato di una scelta ideologica fatta da genitori contrari alla tecnologia e agli investimenti nella scuola».
E si ribadisce: «Se un semplice NO provoca tanto scandalo, il suo valore ci sembra ancora maggiore di quello dell’esercizio del libero pensiero e dell’assunzione di responsabilità di fronte alle scelte che riguardano il futuro dell’istruzione pubblica: un piccolo no che, val bene ricordarlo, è nato al Liceo Albertelli da una comunità scolastica attiva, da genitori che già più volte quest’anno si sono riuniti in assemblea, da insegnanti che non rinunciano alla riflessione sul proprio ruolo, da studenti attenti e partecipi. Dicendo questo “no” rivendichiamo il più alto SÌ alla Scuola secondo lo spirito della Costituzione della nostra Repubblica».
Viene criticato il metodo di stanziare tanti soldi per la Scuola solo per dotarla di strumenti informatici la cui utilità didattica ed educativa è tutta da dimostrare (tranne per chi li vende), mentre i decisori politici continuano a nascondere i problemi veri e strutturali dell’istruzione del Paese, continuamente e consapevolmente definanziata dal 1982: «Quali sono le urgenze della scuola pubblica e quali dovrebbero essere le strategie di rilancio sulle quali drenare e investire risorse? Da parte nostra, ed evidentemente anche dei docenti che hanno espresso il loro voto contrario, le urgenze sono le classi pollaio, lo stato dell’edilizia scolastica, la mancanza sistematica di personale docente e ATA che rende impossibile la didattica e i percorsi di inclusione, per nominare solo le prime della lista e non entrare nel merito dei processi di aziendalizzazione della scuola». Al contrario, dice il documento, «i progetti PNRR in discussione non guardavano a nessuna di queste urgenze».
«Tra noi», precisa il Comunicato Stampa, «ci sono ingegneri, informatici, fisici, matematici (ma anche insegnanti, operatori sociali, lavoratori autonomi, impiegati e operai); lavoriamo con le tecnologie e sulle tecnologie e sappiamo bene che il progresso tecnologico richiede una sempre maggiore complessità e profondità ed un pensiero critico che si nutre di conoscenza disinteressata. Solo con più cultura si può usare la tecnologia per il bene comune ed i mezzi tecnici possono restare tali e non trasformarsi in “fini”. La scuola 4.0 invece, non riconosce questo impianto formativo e mira solo a competenze parcellizzate finalizzate a lavori estremamente specifici».
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