Care colleghe e cari colleghi della scuola italiana, docenti e personale,
il nostro invito, con l’inizio d’anno, più sentito e che vi caldeggiamo con tutta la passione possibile è di resistere, resistere, resistere, anche perché non pare ci siano altre alternative, a parte i forconi che però invitiamo a lasciare al loro posto.
Resistere dietro le barricate delle nostre cattedre, dei nostri libri, delle nostre abilitazioni, dei nostri studi in attesa del giorno del riscatto la cui data però è così incerta che con ogni probabilità lasceremo il testimone alla discendenza, alla generazione cioè che seguirà l’altra generazione fino a quando otterremo ciò che desideriamo di più. E siccome desideriamo ciò che appare legittimo, c’è il legittimo, sospettoso rischio che non l’otterremo mai.
Rimane tuttavia l’incertezza di ciò che potremo ottenere tramite la discendenza, visto che essa stessa è altrettanto incerta come è stato incerto finora perfino lo scatto di anzianità che prima viene dato e poi tolto. Ma vengono dati pure i posti e poi vengono tolti, si manda in pensione ma si viene richiamati, si ventila il concorso ma viene rintuzzato e sobillato, si indica il contratto ma si mostra la finanziaria, si solleticano i giovani ma si preferiscono i vecchi, si promettono i mari ma si mostrano i monti: potenza dello strabismo.
Per questo occorre resistere anche all’incertezza svettante in un mare di arcipelaghi di miraggi dove perfino la legge contraddice la legge e dove perfino le riforme annegano le riforme stesse, mentre le promesse e i proclami riempiono le reti dei pescatori di voti. Non fu detto infatti: vi farò pescatori di uomini? Non sono certamente questi i lavoratori della scuola che sono reclutati per pescare altro: un colpo di bourn out, qualche sventagliata di stalking, una dose di invettive, a parte il furto dell’identità e degli acquisti dentro il paniere della spesa.
Ma anche il reclutamento è messo sotto accusa, visto che troppe reclute reclamano il diritto di legiferare e c’è sempre una recluta che recluta più degli altri tra i demagoghi e gli incompetenti.
Resistere allora e resistere fino a quando verrà il giorno, come disse il Savonarola, del giudizio che non è quello degli esami di stato, ma un altro qualunque che porterà solo le sue sembianze, non del domenicano, ma del giudizio che è praticamente quello del non cambiamento ma del consueto andazzo.
Resistere allora all’andazzo, in modo che anche la resistenza diventi andazzo e fra un andazzo e l’altro il tempo passa e in attesa che si modifichi l’andazzo invitiamo tutti, care colleghe e cari colleghi, a non cercare facile rime con l’andazzo.
A noi tutti, care colleghe e cari colleghi, non resta altro che resistere, resistere e resistere. Fino a quando è difficile dirlo, ma tutto fa supporre che un giorno verrà, prima o dopo, forse più dopo che prima.
Intanto nell’unica certezza dell’anno nuovo, auguriamo a tutti un buon anno, sperando che, come dice il presidente del consiglio, si esca, nel 2014, dal tunnel che forse non coincide con quello dei neutrini.