Attualità

Il nostro ministero dell’Interno teme possibili manifestazioni di studenti

Il nostro ministero dell’interno teme, per questo venerdì, possibili tensioni nelle manifestazioni indette dagli studenti delle superiori in tante parti d’Italia. Con possibili occupazioni delle scuole. Per esperienza diretta, mi permetto dì dire questo. Anche queste tensioni ci dicono che le questioni importanti non sono del tutto chiare nemmeno all’interno della scuola e della vita dì classe. Nemmeno tra i docenti.

Nel senso che gli studenti possono protestare e protestano forse perché non hanno le risposte che dicono come stanno le cose. Come, ad esempio, che col 98% di promozioni un esame dì maturità come è oggi concepito nei fatti è del tutto inutile. Tanto che alcune facoltà universitarie prevedono i test d’ingresso, altro modo per dire che questo esame può essere cancellato, non essendo una sintesi dì un percorso dì studio e non orientante alla scelta ulteriore, cioè non in grado dì far capire agli studenti le reali attitudini e capacità, considerando l’effettivo preparazione dì base.

E non parlo solo dì questo esame finale, ma anche del valore dell’esperienza di alternanza scuola-lavoro oggi ridotta a poca cosa col PCTO deciso dal governo Conte1.Questi stessi nostri ragazzi, una volta usciti dal circuito scolastico, ed entrati nel mondo del lavoro, si renderanno ben presto conto della carenza dì comprensione dì una complessità che solo fra pochi anni vedranno con occhi diversi. Insomma, i nostri ragazzi hanno bisogno dì sapere, hanno bisogno dì verità. Per cui ci vorrebbero momenti ed occasioni di chiarimento e dì formazione.

E se protestano, è perché queste occasioni mancano. I nostri giovani, cioè, vanno compresi e nello stesso richiamati alla dura realtà dì una complessità che non sempre sono in grado ora dì avvertire. Per tale ragione, lo ripeto, vanno aiutati come vanno creati momenti dì comprensione comune. I disagi che loro stessi hanno più volte denunciati, al là del rimando alle criticità del periodo pandemico, è bene prenderli sul serio, e noi tutti, a partire dai docenti, dai genitori, dai responsabili ai vari livelli, hanno il dovere dell’ascolto e della riflessione aperta, non pregiudiziale. Perché diventi, anche questa, un dialogo vero, franco, non ideologico.

Non devono essere replicati, in più, alcuni atteggiamenti della polizia, sproporzionati e controproducenti. Mentre i necessari chiarimenti, ad esempio sul valore delle prove scritte all’esame dì maturità, devono portare gli stessi studenti, con esempi concreti, a capire che è per il loro bene che debbono esserci le prove scritte. Altrimenti meglio abolirlo l’esame dì maturità. Come non ricordare l’imbarazzo degli ultimi due esami dì stato, con la sola prova orale a fare da sintesi finale del percorso dì studi? Nell’emergenza la cosa è comprensibile, ma noi dobbiamo riconquistare la sana normalità.

In gioco vi è la qualità della scuola, al dì là della corsa al ribasso che l’ansia potrebbe invocare. Perché la maturità vera, quella della vita, è figlia anche della gestione dì questi momenti, senza evitare le crune dell’ago ma imparando a viverle sul serio. Pensiamo quindi a come, con prove anche scritte, possano essere accresciute le capacità dì costruire una riflessione, una relazione, dì argomentare, dì riassumere, dì farsi capire in modo corretto: lo scritto e l’orale cioè non sono lo stesso.

Spetta ai presidi, spetta ai docenti, che devono fare la loro parte, dire e spiegare queste verità, come spetta ai genitori supportare i propri figli con rimandi al mondo reale e alla sua complessità. Basterebbe che riprendessero in classe il discorso del presidente Mattarella, all’inizio del secondo mandato. Imparerebbero molte cose. Con un occhio poi alle questioni che sono oggetto del famoso next generation eu. Senza dimenticare i dati anche drammatici sulla dispersione e sul difficile raccordo tra formazione e lavoro, compresi i famosi neet.

Ascoltare, dunque, questi nostri ragazzi e convertire le loro legittime domande in operazioni verità su un mondo che saranno costretti, a proprio rischio, scoprire dopo la scuola superiore e dopo l’università. Come non ricordare anche a loro il risultato dì una domanda fatta, all’interno dì Alma Laurea, ai giovani laureati: se potessero tornare indietro, cambierebbero scelta dì scuola superiore? La loro risposta è nota: al 50% cambierebbero quella scelta.Il vero aiuto che si meritano.

Gianni Zen

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