Patrizio Bianchi è il nuovo ministro dell’istruzione del governo Draghi. Un curriculum ricco e prestigioso per il professore. Un ministro tecnico che però si è occupato anche di politica, quando è stato assessore all’istruzione dell’Emilia-Romagna. La domanda che molti si fanno è: come cambierà la scuola con Bianchi?
Per capire il pensiero di Bianchi sull’istruzione proviamo a tornare indietro di qualche mese. A giugno 2020 il prof. Bianchi coordinava il comitato di esperti costituito dall’ex ministra Azzolina. Intervistato dal portale ‘Business Insider’, l’ex rettore dell’università di Ferrara si espresse così:
“Il Covid ha da un lato messo in discussione la scuola, dall’altro dato una diversa struttura alla nostra vita, a tutto il contesto sociale, facendoci accorgere che la scuola è un pilastro fondamentale della società. In dieci anni da assessore alla scuola per la Regione Emilia Romagna ho visto bene come ci sia l’atteggiamento di dare la scuola per scontata, non accorgendoci della sua importanza. Con il Covid è bastato che si sospendesse l’attività in presenza affinché tutti si rendessero conto della centralità della scuola: bisogna tornare all’idea che la scuola è il perno di tutta la società e dello sviluppo.
Bianchi poi ha fatto cenno al principio base dell’autonomia scolastica, proponendo (quand’era nel comitato della ministra) otto interventi per poter attuare questa autonomia in condizioni emergenziali.
L’idea di organizzazione didattica del professore è quella più radicata al territorio, ad esempio con i Patti Educativi sperimentati in Emilia-Romagna dopo il terremoto nel 2012. Una struttura che porti ad attività come computing, musica, arte e vita sociale.
Sulla digitalizzazione il nuovo ministro aveva evidenziato già a giugno il ritardo che l’Italia aveva nei confronti degli altri paesi europei, provando a valorizzare l’accelerazione in tempi di pandemia. La tecnologia dovrebbe essere uno dei punti cardine della sua gestione, come aveva fatto capire durante quel periodo.
“La mia esperienza da assessore della Regione Emilia-Romagna è stata essenzialmente questa – spiegava Bianchi – bisogna avere delle strutture molto mobili, molto aperte, bisogna avere strutture con materiali che permettano una rapida trasformazione degli ambienti. In Emilia-Romagna abbiamo sperimentato strutture che potessero adattarsi alla didattica, non il contrario. Abbiamo fatto un bando per cento scuole, dove nessuno poteva però costruirne più di due. In questo modo, possiamo contare quindi su una sorta di catalogo sul territorio di come le scuole possano essere costruite. Abbiamo visto che quelle che funzionano meglio sono quelle più modulari, più aperte”.
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