I lettori ci scrivono

Il nuovo misterioso esame di Stato

La “riforma” dell’Esame di Stato ha introdotto radicali trasformazioni sia per la prima che per la seconda prova, attraverso le maglie lasciate aperte dal decreto Fedeli: il decreto già aveva eliminato la cosiddetta terza prova e lasciato lo spazio – vago, privo di chiare indicazioni – per successivi interventi.

Al momento, tolte le slides e i video “riassuntivi”, abbiamo di concreto solo la circolare del 4 ottobre, le Indicazioni metodologiche e operative per la seconda prova e il Documento di lavoro per la preparazione delle tracce della prima prova scritta, allegate alla circolare.

Se si attende a breve, ma non prima di gennaio, il “Quadro di riferimento” per la seconda prova per la quale si ribadisce, tanto perentoriamente quanto genericamente, il carattere pluridisciplinare “non sommativo” -, viceversa non è ancora chiaro se arriverà qualcosa di analogo per la prima, fondamentale, prova. Si è ancora in attesa di griglie di valutazione e, se possibile, di qualche esempio.

Al di là di facili valutazioni nel merito, la considerazione principale è metodologica: la riformulazione del computo dei crediti, dei criteri di accesso e delle tipologie della prima prova, il nuovo carattere pluri e/o inter disciplinare della seconda (che verterà su “una o più discipline”), l’eliminazione definitiva della terza prova, la ridefinizione di modalità, caratteristiche e obiettivi di quella orale sono trasformazioni radicali, ed implicano un doveroso e necessario lavoro di preparazione, di adattamento didattico-formativo e organizzativo, che non può essere né improvvisato né seriamente impostato nel giro di pochi mesi.

Ci si muove, cioè, nel solco di quella lunga tradizione ministeriale e politica, per così dire ‘notarile’, che, con linguaggio bizantino pieno di specialistiche vaghezze, impone alla Scuola cambiamenti profondi e didatticamente pervasivi cui dover far fronte in sostanziale solitudine e abbandono, senza mezzi e tempi adeguati: non sono certamente corsi di aggiornamento a febbraio – o altri documenti dell’ultima ora – che potranno risolvere i problemi di trasformazione e pianificazione, formale e sostanziale, che una riforma dell’Esame di Stato in ogni caso implica.

E, al di là dei tempi, è forse utile ricordare, al Ministro attuale e a chi lo ha preceduto, che nessuna riforma dell’Esame di Stato sarà seria se non è accompagnata da chiarezza e tempestività, ma anche e soprattutto da un complessivo ripensamento e radicale miglioramento delle condizioni del lavoro e della vita a scuola, per tutti. Una riforma autentica, che non c’è e non c’è stata, deve iniziare dalle fondamenta, non dal tetto.

Riformare significa considerare in profondità i bisogni, vecchi e nuovi: tempi, spazi, motivazioni, strumenti e risorse; concepire, o concepire ex novo, i rapporti fra discipline, saperi e “competenze”; sollecitare l’intera società, stimolare dibattito. Altrimenti non è che svuotamento e complicazione, “macchina vuota”, incentivo a pratiche di adattamento burocratico-formale anziché culturale e didattico, incentivo di fatto – se non di diritto – al disprezzo verso la serietà e la bellezza di insegnamento e apprendimento, incentivo al disprezzo del senso stesso della scuola e dello Stato, niente altro che confusione e scoramento.

 

Dafne Murè – Comitato Scuola Possibile

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