I cambiamenti che stanno interessando il mondo della formazione in questi mesi (RAV, PDM, PTOF, ecc.), secondo un rilevante numero di operatori scolastici, finiscono per distrarre energie preziose che potrebbero essere proficuamente impiegate in altre direzioni.
Altri, invece, ritengono necessario questo percorso di ammodernamento, il quale, se ben interpretato ed attuato, potrebbe finalmente proiettare la scuola italiana in una dimensione europea. Il cammino intrapreso è necessario, non tanto per favorire il miglioramento della qualità della formazione (raggiungibile percorrendo vie meno contorte), quanto al fine di arginare gli effetti nefasti di un’autonomia scolastica “zoppa”, la quale, priva sin dall’inizio dell’indispensabile supporto della rendicontazione sociale (accountability), non ha raggiunto i traguardi sperati: maggiore flessibilità didattica, capacità di adeguamento della formazione alle esigenze dei territori e, quindi, incremento della qualità dell’offerta formativa.
Sono in tanti a credere che alla base del mancato raggiungimento degli obiettivi menzionati c’è l’incapacità del sistema di garantire una seria rendicontazione. Molte delle problematiche con le quali il mondo della formazione si sta confrontando in questi mesi derivano da provvedimenti normativi antecedenti alla Legge 107/2015 (D.lgs 286/2004, D.P.R. 80/2013, Direttiva Miur n. 11 del 18/09/2014).
Tali provvedimenti hanno l’obiettivo di istituire un sistema nazionale di valutazione non più incentrato su astratti ed inutili controlli burocratici, ma basato sulla responsabilizzazione di operatori scolastici e dirigenti. Per il raggiungimento di tale finalità vengono attivati all’interno delle scuola meccanismi di auto ed eterovalutazione in grado di favorire un percorso di miglioramento.
L’impianto di valutazione introdotto dalla normativa citata, forse per la prima volta, non è rappresentato da un modello rigido, calato dall’alto.
Il nuovo sistema, infatti, tiene in debita considerazione la situazione di partenza delle singole istituzioni scolastiche, sia in termini di punti di forza che di criticità. Tutto ciò consente, se si opera correttamente e con senso di responsabilità, l’elaborazione di Piani in grado di definire dei traguardi di miglioramento realistici, da raggiungere in un arco temporale predefinito.
Il D.P.R. 80/2013 (Regolamento sul sistema nazionale di valutazione in materia di istruzione e formazione) introduce un procedimento articolato in quattro fasi: l’autovalutazione d’istituto, la valutazione esterna, la progettazione di specifiche azioni di miglioramento e la rendicontazione sociale. La prima di queste fasi è stata già espletata mediante l’elaborazione del Rapporto di Autovalutazione in formato elettronico (definitivo dal 30 settembre 2015), nel contesto del quale, tra le altre cose, occorreva rilevare i punti di forza e le criticità organizzative e didattiche.
La loro individuazione, tuttavia, presupponeva che a monte vi fosse un’analisi attenta del servizio offerto da parte delle scuole, sia ricorrendo ai dati messi a disposizione del sistema informativo del Miur, sia mediante il coinvolgimento dell’utenza (somministrazione di questionari di gradimento).
Successivamente le istituzioni scolastiche, partendo dalle criticità/priorità rilevate nel RAV, avrebbero dovuto elaborare un Piano di miglioramento in grado di dare delle risposte concrete a tali esigenze attraverso l’individuazione e la pianificazione degli obiettivi di processo, la definizione delle azioni necessarie per raggiungerli e, soprattutto, mediante la valutazione, la condivisione e la diffusione dei risultati ottenuti.
La fase della verifica esterna scatterà, nel prossimo futuro, a seguito dell’individuazione delle scuole da sottoporre a valutazione. Tale individuazione, affidata all’Invalsi, avviene mediante l’impiego di indicatori di efficienza ed efficacia. I Nuclei di Valutazione Esterna (costituiti da un dirigente tecnico e due esperti in analisi dei sistemi scolastici e/o delle organizzazioni complesse) effettueranno un controllo sul lavoro svolto dalle scuole che, in caso di incongruenze o anomalie, può portare alla ridefinizione del piano di miglioramento.
Al termine delle fasi descritte si procederà con la strutturazione degli interventi migliorativi, i quali, ovviamente, dovranno trovare un’adeguata e puntuale esplicitazione nel PTOF. I risultati ottenuti dall’attuazione delle azioni di miglioramento dovranno essere divulgati, al fine di consentire a chiunque vi abbia interesse di conoscerli (rendicontazione sociale). Il processo di valutazione esterna delle scuole, tuttavia, non si esaurisce con le fasi in precedenza descritte, ma prosegue con la valutazione della dirigenza scolastica (Lettera “A”, punto “A3” della Direttiva Ministeriale n. 11 del 18 settembre 2014).
Tale Direttiva, infatti, individua tra le priorità strategiche, da perseguire nei tre anni scolastici successivi, proprio la valutazione dei capi d’Istituto, la quale “dovrà prestare attenzione agli obiettivi di miglioramento della scuola individuati attraverso il rapporto di autovalutazione e alle aree di miglioramento organizzativo e gestionale delle istituzioni scolastiche direttamente riconducibili all’operato del dirigente”. Inoltre, il Regolamento sul sistema nazionale di valutazione, all’art. 3, lettera “e”, affida all’Invalsi il compito di individuare gli indicatori da utilizzare nella verifica del lavoro svolto dai presidi in coerenza con le disposizioni contenute nel decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150.
Il decreto Brunetta, infatti, dopo aver evidenziato che “la misurazione e la valutazione della performance sono volte al miglioramento della qualità dei servizi offerti dalle amministrazioni pubbliche”, definisce chiaramente, all’art. 9, gli ambiti di misurazione e valutazione dei risultati individuali dei “dirigenti e del personale responsabile di un’unità organizzativa in posizione di autonomia e responsabilità”.
Tra i parametri esplicitati dal citato art. 9 figurano il “raggiungimento di specifici obiettivi” (lettera b); la “qualità del contributo assicurato alla performance generale della struttura, alle competenze professionali e manageriali dimostrate” (lettera c); la “capacità di valutazione dei propri collaboratori, dimostrata tramite una significativa differenziazione dei giudizi” (lettera d).
Com’è agevole intuire, la recente normativa che attiene alla messa a regime del nuovo sistema nazionale di valutazione punta a creare le condizioni per un’oggettiva valutazione di micro e mesosistema attraverso un impianto flessibile, ma concreto, nel contesto del quale le istituzioni scolastiche sono parte attiva. C’è da sperare che l’approccio delle singole scuole non sia, come sovente è avvenuto in passato, meramente formalistico, volto cioè all’espletamento di noiose procedure burocratiche, ma serio ed efficace. Soltanto così sarà possibile accertare i punti di forza e le reali criticità organizzative e didattiche.
Eventuali superficialità e/o alterazioni della realtà non soltanto non aiutano a risolvere i problemi, ma farebbero emergere una molteplicità di incongruenze facilmente accertabili dai Nuclei di Valutazione Esterna.
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