Gli studenti hanno diritto a consumare a scuola un pasto portato da casa: così è stato affermato ieri dai giudici del Tribunale di Torino che, con una ordinanza, hanno respinto, giudicandolo infondato, un reclamo presentato dal ministero dell’Istruzione.
Come è noto la vicenda inizia da un’azione giudiziaria di una cinquantina di famiglie di alunni della scuola primaria iscritti al “tempo pieno” che, protestando contro l’aumento del costo dei pasti e sulla qualità del cibo, hanno chiesto di poter scegliere, per i propri ragazzi, tra il servizio di refezione offerto dal comune e la consumazione, a scuola, durante l’orario del pranzo, di alimenti (per lo più panini) preparati a casa. E i giudici hanno dato ragione alle famiglie; e nonostante l “appello” del Miur ieri è stato ribadito che il diritto allo studio, tutelato dalla Costituzione, obbligatorio e gratuito nel livello di istruzione inferiore per almeno otto anni, non possa essere negato nè subordinato all’adesione a un servizio a pagamento, come quello di refezione.
Tuttavia, per Cittadinanzattiva è “pericoloso per equità sociale e salute pubblica”. Al contrario, afferma l’associazione in una nota, è necessario “lavorare per garantire la mensa scolastica come servizio essenziale”.
“Il ricorso delle famiglie di Torino nasce dalla protesta sorta a causa delle elevate tariffe della ristorazione scolastica. Altrove, i genitori e gli studenti lamentano la scarsa qualità del cibo servito a scuola. Ma, per risolvere un problema, si rischia di aprirne molti altri. La mensa a scuola rappresenta una grande conquista perché veicolo per la corretta alimentazione sin da piccoli e prezioso strumento di socializzazione, di confronto e di inclusione tra pari”.
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Sulla base della rilevazione effettuata da Cittadinanzattiva sui costi della mensa scolastica, emerge che le tariffe variano di Regione in Regione. Ben sette i capoluoghi in cui ogni singolo pasto, per le famiglie con ISEE pari a 19900 euro, supera i 4 euro: si tratta di Genova, Torino, Venezia, Campobasso, Potenza, Palermo, Cagliari. Ben 4 appartengono a Regioni del Sud, dove la capacità reddituale è più bassa. Inoltre, la possibilità di esenzione non è prevista per tutti i Comuni: manca a Napoli, Bologna, Genova, Campobasso, Torino, Palermo, Aosta e Trento.
“La nostra indagine conferma che un costo medio di 80 euro al mese non è sostenibile per molte famiglie. Ad essere svantaggiati, con l’introduzione del pasto da casa, sarebbero soprattutto i nuclei familiari più poveri, con l’effetto paradossale che i bimbi degli stessi non avrebbero più accesso nemmeno ad un pasto completo al giorno. Inoltre, non appare semplice consentire di consumare a scuola il pasto da casa, sia per quanto attiene l’organizzazione dei locali e del personale preposto, sia sotto il profilo del rispetto degli standard di sicurezza igienico-sanitaria, oltre che di specifici problemi di salute degli studenti”.
Secondo Cittadinanzattiva, “andrebbe studiata la possibilità di rendere la ristorazione scolastica non più un servizio a domanda individuale, facoltativo ed extrascolastico, ma un servizio che rientri nel livello essenziale delle prestazioni. Nel frattempo, chiediamo al MIUR e al Ministero della Salute di individuare, insieme a tutti gli stakeholder coinvolti, linee guida operative per evitare il “fai da te” e orientare le scuole verso una efficace gestione della situazione determinata da questa recente sentenza”.