In una scuola secondaria di primo grado di Milano un ragazzino di 11 anni, alcuni giorni fa sarebbe stato fatto uscire dall’istituto e mandato in strada per consumare il pasto portato da casa per pranzo.
“La dinamica di quanto accaduto non mi è ancora del tutto chiara”, ha spiegato la vice sindaco di Milano e assessore all’Educazione, Anna Scavuzzo. “Però – ha aggiunto – pare non riguardi tanto la questione della ‘schiscetta’, quanto il fatto di far mangiare un alunno minorenne fuori da scuola e senza avvisare la famiglia”.
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Questa decisione, grave, è stata presa senza che nessuno tra i dipendenti dell’istituto avvisasse i genitori del bambino.
Decisione grave? Molto, grave perché non permettere ad un bambino di consumare un pasto portato da casa assieme ai suoi compagni che invece fruiscono dei servizi della mensa, fa sembrare anche tutto molto discriminante.
In pratica sembra aleggiare una sorta di imperioso diktat: i pasto lo devi pagare, se non lo paghi mangi fuori, da solo.
Tolto il fatto che un ragazzino di 11 anni non dovrebbe stare da solo per strada, la scelta si configura come una discriminazione che parte proprio dalla scuola che deve educare alla lotta alla discriminazione
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