Basta con le prediche infarcite di “moralismi”: a dirlo è stato Papa Francesco scrivendo ai formatori del Seminario arcivescovile di Milano, in occasione del 150° anniversario della rivista La Scuola Cattolica.
Secondo il Santo Padre, “il linguaggio teologico dev’essere sempre vivo, dinamico, non può fare a meno di evolversi e deve preoccuparsi di farsi comprendere”.
“A volte – ha continuato Bergoglio nella sua lettera – le prediche o le catechesi che ascoltiamo sono fatte in buona parte di moralismi, non abbastanza ‘teologiche’, cioè poco capaci di parlarci di Dio e di rispondere alle domande di senso che accompagnano la vita della gente, e che spesso non si ha il coraggio di formulare apertamente”.
Il Papa è convinto che “uno dei maggiori malesseri del nostro tempo è” rappresentato dalla “perdita di senso, e la teologia, oggi più che mai, ha la grande responsabilità di stimolare e orientare la ricerca, di illuminare il cammino”.
Questo, però, può avvenire solo comunicando “le verità di fede oggi” e “tenendo conto dei mutamenti linguistici, sociali, culturali, utilizzando con competenza i mezzi di comunicazione, senza mai annacquare, indebolire o ‘virtualizzare’ il contenuto da trasmettere”.
“Quando parliamo o scriviamo – ha concluso il Papa -, teniamo sempre presente il legame tra fede e vita, stiamo attenti a non scivolare nell’autoreferenzialità”.
Quale incidenza può avere il messaggio di Bergoglio sulla scuola? Diciamo subito che l’ora di religione cattolica non equivale minimamente al catechismo. Premesso questo, tuttavia, è un dato di fatto che già da alcuni anni stiamo assistendo ad una riduzione progressiva degli iscritti all’ora di religione cattolica.
Detto che la stragrande maggioranza dei docenti di religione non sono prelati o suore (la percentuale è precipitata la 4%), le parole del Papa di “evitare le prediche” e di incentrare, piuttosto, il dialogo su argomenti in grado di “stimolare e orientare la ricerca, di illuminare il cammino” sembrano adatti anche agli insegnanti della disciplina cattolica che operano nelle scuole pubbliche: spesso, infatti, tra gli studenti (e le famiglie) che non si avvalgono dell’ora di religione c’è proprio la mancanza di volontà ad assistere ad argomentazioni sganciate dalla realtà di tutti i giorni.
Certo, molti docenti di religione sanno fare (anche bene) il loro lavoro, coinvolgendo spesso gli stessi alunni che non si avvalgono (non sempre le scuole riescono ad affidare l’ora alternativa di religione). Chi, invece, tende troppo alla teoria, farebbe bene a mettere in pratica le parole di Bergoglio.
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