
Papa Francesco ha lasciato oggi, domenica 23 marzo, il policlinico Gemelli di Roma per tornare a Casa Santa Marta, in Vaticano, dopo 38 giorni di degenza.
A bordo di una Fiat 500 ha salutato con la mano dal finestrino chiuso i tanti fedeli che l’attendevano all’uscita, mentre a Casa Santa Marta il Pontefice è stato accolto dal cardinale decano Giovanni Battista Re.
Col pollice alzato, ha rivolto, con voce un po’ affaticata e lo sforzo nel respirare, un “Grazie a tutti. Saluto questa signora con i fiori gialli”. Ha pronunciato queste parole, affacciandosi, poco dopo le 12, in sedia a rotelle e nella sua veste bianca, per pochi istanti dal balconcino prima delle dimissioni.
Il Pontefice, hanno spiegato ieri i medici, ha superato la polmonite bilaterale ma resterebbero tracce di infezione, per cui servirà ancora tempo, almeno altri due mesi di degenza a Santa Marta: “Dimissioni protette”, le hanno definite i medici.
Con un fuori programma, il Pontefice, dopo le dimissioni, è andato nella basilica di Santa Maria Maggiore a ringraziare la Madonna come è solito fare prima di partire per i viaggi e al suo rientro e pure nelle occasioni importanti.
In questo caso, non è sceso dall’auto ma – come ha fatto sapere il Vaticano – ha consegnato i fiori al cardinale Macrikas in omaggio alla Salus Populi Romani.
Intanto è stata avvicinata la signora alla quale il Papa ha rivolto le parole sui fiori gialli. Si chiama Carmela Vittoria Mancuso ed ha 79 anni: “Questo dei fiori a Papa Francesco è un rituale che facciamo da anni. Erano rose gialle, le abbiamo consegnate alla gendarmeria per darle al Pontefice. Sono a Roma da 6 anni – spiega la donna – a tutte le udienze mi sono presentata con i fiori per il Santo Padre: dalla prima volta, ho visto la meraviglia e il sorriso nei suoi occhi. ‘Sono per me?’ mi chiese. E da quel momento glieli porto sempre. Sventolando questo mazzo di rose gialle volevo salutarlo, rallegrare il suo sguardo dopo la convalescenza. Non sapevo se si sarebbe ripreso. E sapere che mi ha guardato è una emozione che non so spiegare con le parole. Non sono degna. Volevo salutarlo anche a nome dei malati e dei bambini che sono qui in questo ospedale ma in tutto il mondo”.
Intanto il Papa ha, nonostante la malattia e le sue sofferenze, ricordato la Palestina, lanciando un nuovo appello poco prima di tornare a Santa Marta attraverso l’Angelus, per la sesta domenica ma diffuso solo in forma scritta: “Mi ha addolorato la ripresa di pesanti bombardamenti israeliani sulla Striscia di Gaza, con tanti morti e feriti. Chiedo che tacciano subito le armi; e si abbia il coraggio di riprendere il dialogo, perché siano liberati tutti gli ostaggi e si arrivi a un cessate il fuoco definitivo. Nella Striscia la situazione umanitaria è di nuovo gravissima ed esige l’impegno urgente delle parti belligeranti e della comunità internazionale. In questo lungo tempo di ricovero, ho avuto modo di sperimentare la pazienza del Signore, che vedo anche riflessa nella premura instancabile dei medici e degli operatori sanitari, così come nelle attenzioni e nelle speranze dei familiari degli ammalati. Questa pazienza fiduciosa, ancorata all’amore di Dio che non viene meno, è davvero necessaria alla nostra vita, soprattutto per affrontare le situazioni più difficili e dolorose”, ha scritto.
“Con tanta pazienza e perseveranza state continuando a pregare per me: vi ringrazio tanto! Anch’io prego per voi”, ha affermato Bergoglio con un nuovo invito: “E insieme imploriamo che si ponga fine alle guerre e si faccia pace, specialmente nella martoriata Ucraina, in Palestina, Israele, Libano, Myanmar, Sudan, Repubblica Democratica del Congo”.