Il “Quaderno n. 2” curato dalla Fondazione PER (Progresso Europa Riforme) è dedicato interamente ad un’ampia e documentata analisi dei dati del rapporto Ocse-Pisa 2018 ed è finalizzato a formulare alcune proposte di riforma.
“I dati dell’ultimo rapporto Ocse-Pisa – sostengono gli autori del dossier – sono l’ennesima occasione per riflettere sui problemi della scuola italiana. In particolare, sulle diseguaglianze territoriali e sociali e sugli strumenti per superarle. Il sistema dell’istruzione ha bisogno di profonde riforme che non possono esaurirsi soltanto nella tradizionale richiesta di più risorse (specie senza obiettivi misurabili) e nemmeno soltanto nelle giuste rivendicazione da parte del corpo docente”.
I dati, riassume Mauro Piras, autore dell’articolo “Diagnosi e proposte la scuola italiana”, dipingono questo quadro della scuola italiana, dal 2000 a oggi: non migliorano le competenze in lettura, che mediamente restano stabili; c’è un miglioramento iniziale nelle competenze in matematica, stabili però negli ultimi anni; peggiorano quelle in scienze, su tutto il periodo.
Aggiunge Piras: “La percentuale degli studenti italiani che raggiungono il livello adeguato di competenze in lettura è uguale alla media Ocse, ma inferiore alle economie avanzate con cui dovremmo confrontarci; l’Italia è più debole nella percentuale di studenti che raggiungono i livelli più alti di competenze; ha anche una percentuale elevata di studenti che restano al di sotto della soglia di adeguatezza”.
Anna Ascani, per parte sua, sottolinea che il sistema scolastico italiano non può più permettersi di perdere studenti a causa di abbandoni e divari, mentre Mila Spicola, nel suo intervento, mette in evidenza che in realtà nel nostro sistema rimane indietro chi è povero.
Scrive Spicola: “Al Sud ci sono più poveri. I bimbi poveri non sono scemi o svogliati, sono semplicemente discriminati, dallo Stato, dalle amministrazioni, dalla politica. Specie al Sud. Questo dato è più o meno uguale da circa cento anni. Anche se le indagini Pisa ci sono da una ventina d’anni, posso segnalarvi studi e scritti sempre simili che mettono in relazione i rendimenti con il condizionamento sociale, su tutti il testo del grande pedagogista Aldo Visalberghi, del 1964”.
Secondo Giovanni Cominelli “l’emergenza educativa si è ormai trasformata in patologia cronica del sistema nazionale di istruzione, formazione ed educazione”.
Per uscire dall’emergenza, secondo Cominelli, occorre un’ampia riforma del sistema che tocchi almeno “4 tessere fondamentali del puzzle educativo-formativo e cioè il sapere, sotto forma di competenze-chiave, che si vuole trasmettere alle giovani generazioni; l’ordinamento; l’assetto istituzionale ed amministrativo; la formazione-reclutamento-carriera del personale docente e dirigente”.
Marco Campione, nel suo articolo “Disuguaglianza: la vera emergenza educativa che investe il paese”, parte “da una curiosa, ma anche molto istruttiva, coincidenza”: “Mentre la Camera approvava, il 3 dicembre scorso, la legge di conversione del cosiddetto decreto scuola (il 126/2019), nelle stesse ore veniva presentato il rapporto Ocse-Pisa sugli apprendimenti dei quindicenni nei paesi dell’area Ocse”.
Scrive in proposito Campione: “Considero la coincidenza temporale istruttiva perché ha messo ancor più in evidenza come il dibattito pubblico sulla scuola sia abbastanza scollato dai veri problemi di sistema, quelli per le cui conseguenze a pagare sono prima di tutto gli studenti e quindi – a cascata – il paese. Il dibattito non a caso si scalda solo quando si parla di personale”. “La politica – aggiunge ancora Campione – sembra essere tornata ad occuparsi di scuola facendo coincidere le politiche scolastiche con le politiche per il personale, in particolare quello precario”.
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