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“Il patriarcato è nei libri di scuola”: la pedagogista Biemmi alla Fondazione Giulia Cecchettin

Nella Sala della Regina di Montecitorio si è svolta la “Presentazione della Fondazione Giulia Cecchettin” in presenza del vicepresidente della Camera, Giorgio Mulè, il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara e la ministra per la Famiglia, la Natalità e le Pari opportunità, Eugenia Roccella.

A intervenire anche il presidente della Fondazione, il padre di Giulia, Gino Cecchettin, la consigliera della Fondazione, la campionessa di nuoto Federica Pellegrini, e la docente di pedagogia di genere università degli studi di Firenze, Irene Biemmi. E proprio quest’ultima ha parlato di cultura del patriarcato a scuola, nei programmi scolastici.

Ecco le sue parole: “La pedagogia di genere ha uno scopo senz’altro propositivo, che spero di mettere in campo anche attraverso la Fondazione (Giulia Cecchettin). Ma ha uno scopo anche molto decostruttivo, critico. Vi pongo all’attenzione soltanto tre delle grandi aree critiche che riguardano ad oggi il rapporto non fruttuoso tra scuola e parità. Quali sono le inadempienze della scuola italiana rispetto alle culture di genere? La prima grande inadempienza sono i libri di testo. I libri (della primaria) che si studiano a scuola che sono permeati da una cultura che non è sbagliato definire patriarcale e sessista”.

“In quei libri (della primaria) ho letto di mamme dolci, pazienti, accudenti, premurose. Di papà forti, coraggiosi, assertivi e vagamente aggressivi, talvolta anaffettivi. Ho letto di donne, e sono la maggioranza, che non hanno nessun ruolo professionale, la loro vita si riduce al ruolo materno. Gli uomini sono liberi di viaggiari, di frequentare lo spazio pubblico e rivestono mille professioni. Io direi che quello che vi ho descritto, che è presente nei libri di testo di oggi della scuola primaria, è una società patriarcale, non è niente di meno, è questa”, ha sottolineato ancora. “Tutto questo passa dalla scuola, viene istituzionalizzato, viene dato per buono alle nuove generazioni”, ha concluso.

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Sara Adorno

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