Di chi è la colpa del risultato deludente del Pd alle elezioni politiche (con trionfo di FdI, anche tra i docenti), tanto da convincere il segretario dei dem Enrico Letta ad annunciare la volontà di lasciare la guida del partito? A rispondere, con tanto di mea culpa, è stato Stefano Bonaccini, il governatore dell’Emilia Romagna forse più accreditato per raccogliere il testimone di Letta.
Al Corriere della Sera, l’ex presidente della conferenza Stato-Regioni ha detto: “naturalmente parteciperò al congresso del Pd, perché serve una discussione molto schietta, alla quale mi dedicherò con impegno e determinazione. Il Pd ha bisogno di un forte contributo da parte di tutti”. Bonaccini ha usato parole non tenere: “o cambiamo profondamente o bruceremo in fretta anche il prossimo segretario” (il riferimento a Letta, costretto a fare un passo indietro, è evidente ndr). Serve una leadership ma serve anche un partito”.
Secondo il presidente della Regione Emilia Romagna “nel gruppo dirigente” del Partito democratico servivano e “servono molti più amministratori locali, donne e uomini, spesso giovani, che ogni giorno devono dare risposte ai cittadini sui problemi reali”.
Invece, continua Bonaccini, il Pd è arrivato “alle elezioni senza un progetto forte per l’Italia e senza un’alleanza all’altezza della sfida, nonostante tutti gli sforzi fatti da Letta. Lo certifica il voto dei cittadini” e per questo occorre “ricostruire dalle fondamenta”.
Sul congresso, convocato per i primi di ottobre, si dice d’accordo “con Letta, il tempo di discutere è adesso. E bisogna farlo con chiarezza e in tempi ragionevoli, per evitare mesi in cui nessuno decide e altri parlano per noi”.
Secondo Bonaccini, l’opposizione al governo sarà “seria e rigorosa”. Ed è a questo punto che il governatore tira in ballo l’esigenza di rilanciare l’Istruzione, assieme ad altri comparti.
Bisognerà avere grande attenzione, ha sottolineato, su tre questioni di fondo: il nostro ruolo in Europa, il ruolo della sanità e della scuola pubbliche, e “i diritti delle persone, perché l’Italia non può diventare l’Ungheria”.
Da Bonaccini arrivano invece parole di apertura verso il M5s: secondo lui i grillini hanno raccolto “nel voto il disagio sociale e una richiesta di protezione, più che istanze antisistema. E Conte è riuscito a consolidare la sua leadership”.
Invece, Calenda e Renzi “sono andati per conto loro e hanno perso esattamente come noi. Tant’è che governerà la destra. In compenso siamo insieme in tante città”.
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