Home Politica scolastica Il pedagogista: la scuola non è luogo di espiazione di pena

Il pedagogista: la scuola non è luogo di espiazione di pena

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Il pedagogista Daniele Novara, fondatore e direttore del Cpp, Centro psicopedagogico per l’educazione e la gestione dei conflitti, parlando con LaPresse, boccia il ddl scuola diventato legge, che però per Valditara “rappresenta un passaggio fondamentale per la costruzione di un sistema scolastico che responsabilizzi i ragazzi e restituisca autorevolezza ai docenti”. 

Sostiene invece il pedagogista: “La scuola non è il luogo dell’espiazione della pena, della redenzione, della punizione, ma dell’apprendimento”. 

E poi rivolto alle famiglie che dovrebbero pagare le multe previste per chi aggredisce il personale scolastico: “non è possibile che le famiglie diventino il target delle pene da infliggere ai figli. Sono loro che vanno a scuola, non i genitori”. 

E per ora siamo solo all’inizio. Vedremo quanti altri commenti di quanti altri pedagogisti e uomini di scienza della didattica, nonché studiosi dell’età evolutiva verranno a contestare questa scelta del ministro e del governo.

Sicuramente non è con la paura, l’intimidazione e le punizioni che si possa restituire autorevolezza ai docenti.

Forse, con più lungimiranza, occorrerebbero corsi di studio più approfonditi di psicologia, psicologia dell’età evolutiva, diritto scolastico da parte dei docenti, comprese prove psicoattitudinali in funzione proprio del mutare dei tempi.

 Fra l’altro, se fino a qualche trentennio addietro era il docente il detentore del sapere e della conoscenza e quindi era lui che gestiva  la cultura, come lo sciamano nelle società arcaiche, dalle cui parole tutti dipendevano, oggi ciò non accade più, proprio perché la conoscenza non è solo appannaggio del maestro, ma è diventata più fruibile e disponibile e alla portata di tutti; anzi, talvolta gli alunni, pensiamo alla tecnologia, sono molti più preparati dei loro prof e dunque l’aurea che un tempo circondava il docente lentamente sta decadendo. Si va perdendo il prestigio perché la sua forza comunicativa non ha più il timbro del capocordata, ma della più modesta guida turistica, talvolta neppure preparata a dovere.