Potrebbe essere un precedente importante questo per sovvertire le graduatorie degli addetti alle aziende agrarie, una trentina di persone nella sola provincia di Udine.
La donna, riporta Il Messaggero veneto, vista l’esclusione, perché non avrebbe i requisiti culturali di accesso previsti per il profilo di tecnico delle aziende agrarie, il cosiddetto collaboratore scolastico tecnico addetto alle aziende agrarie, essendo l’agrotecnico un diploma “inferiore” rispetto al perito agrario, si è rivolta ai giudici. E loro hanno sottolineano «la totale equipollenza dei titoli di studio di maturità professionale di agrotecnico e di perito agrario conseguiti in istituti tecnici di analogo indirizzo – scrivono nella sentenza –, con la conseguenza che appare non solo illogico ma anche illegittimo non consentire l’accesso alla graduatoria in esame a chi abbia conseguito un titolo superiore ed equipollente a quello richiesto dalla norma, essendo evidente che la qualifica richiesta per l’inserimento in graduatoria, e cioè quella di operatore agro ambientale ottenuta con un corso triennale, equivale al perito agrario che ha frequentato un corso quinquennale».
«L’istituto tecnico è dotato di un’azienda agraria utilizzata nel corso degli studi – scrivono i giudici nella sentenza – ed è quindi paradossale la tesi dell’amministrazione che i periti agrari non abbiano esperienze pratiche e sperimentali in tale settore».
Ecco perché il tribunale civile ha accolto il reclamo disponendo l’inserimento immediato della 40enne ingiustamente esclusa nella graduatoria di collaboratore scolastico tecnico addetto alle aziende agrarie, condannando l’Usr e il Miur al pagamento delle spese dei due gradi di giudizio: 3 mila euro.
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