Politica scolastica

Il piano mense scolastiche del Pnrr riserva il 57% delle risorse al Sud. Ma non ha dato i risultati sperati

La disponibilità di asili nido e di mense scolastiche per l’offerta del tempo pieno, insieme a una migliore dotazione di infrastrutture scolastiche possono incidere positivamente sulla partecipazione femminile al mercato del lavoro, come dimostra uno studio della Banca d’Italia e come del resto spiega parte del divario di competenze degli studenti tra Mezzogiorno e Centro-Nord.

E i dati, che troviamo su LaVoce.info, parlano chiaro: nel Mezzogiorno meno del 25 % degli alunni della scuola primaria frequentava, nel 2021, scuole dotate di mensa, contro il 60% nel Centro-Nord. 

Ancora una volta le  situazioni più deficitarie riguardavano Sicilia e Campania, con percentuali inferiori al 15%. Analoghi divari territoriali caratterizzavano la scuola dell’infanzia.

Dunque il problema era da risolvere coi fondi del Pnrr che mise a disposizione 400 milioni di euro per la realizzazione di nuove mense, riservando al Mezzogiorno oltre il 57% delle disponibilità.

Dunque una quota maggioritaria. 

Tuttavia, si legge su La Voce.it, con assegnazioni per 231 milioni di euro, il valore dei progetti presentati dai comuni meridionali non ha superato i 175 milioni. Sicilia e Campania hanno presentato richieste per solo il 22 e il 56 % delle risorse a loro disposizione, mentre le altre regioni meridionali hanno beneficiato di risorse superiori alle rispettive assegnazioni iniziali, senza, tuttavia, riuscire ad assorbire l’intera quota Mezzogiorno. 

Il residuo delle risorse inutilizzate è stato così assegnato ai comuni del Centro-Nord, per raggiungere il target di costruzione di nuove mense previsto dal Pnrr.

Dunque le realtà  locali più carenti di mense non sono riusciti a sfruttare le risorse a loro riservate.

Due le cause:  Il primo deriva dalla scelta di assegnare le risorse esclusivamente attraverso un bando pubblico;  

amministrazioni locali che decidono di non partecipare o di aderire solo in maniera limitata al bando, perché meno sensibili rispetto al tema oppure perché meno attrezzate in termini di capacità progettuali e amministrative. 

Ma ci sarebbe inoltre la paura di non riuscire, considerato il dissesto finanziario di tanti comuni meridionali, a coprire le ulteriori spese per la prestazione del servizio. E dunque niente partecipazione al bandi.

Occorrerebbe, scrive la Voce.info,  evitare l’emanazione di bandi la cui partecipazione sia rimessa esclusivamente all’iniziativa delle amministrazioni locali. Sarebbe auspicabile, invece, una maggiore azione proattiva delle amministrazioni centrali, le quali, una volta individuate le aree territoriali prioritarie, dovrebbero procedere ad assegnare loro direttamente le risorse necessarie, sensibilizzando le istituzioni politiche e sostenendo gli uffici comunali nella fase di progettazione e realizzazione degli interventi, anche attraverso l’attivazione di appositi programmi di assistenza tecnica.

Pasquale Almirante

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