Attualità

Il piano nazionale scuola digitale compie 5 anni: ecco perché bisogna aggiornarlo

Il Piano Nazionale della Scuola Digitale compie 5 anni e mai come in questo nuovo contesto didattico è quanto mai al centro dell’attenzione non solo degli addetti ai lavori scolastici ma dell’opinione pubblica intera.

Il PNSD oggi

Un piano per certi versi anche coraggioso e nato tra lo scetticismo generale se pensate a quanto siano lontani anni luce 5 anni rispetto alle trasformazioni tecnologiche e alla rapidità con cui le stesse tecnologie digitali impermeano sempre di più ogni aspetto della società odierna.

La scuola di oggi è diversa da quella di 5 anni fa. È una scuola che sta provando a tornare alla normalità dopo il lockdown che ha accelerato nelle scuole la necessità di essere organizzati con la Didattica a Distanza e che ha fatto comprendere come ormai il passaggio alla scuola digitale sia un percorso ormai inevitabile ed estremamente necessario.

È anche chiaro che il PNSD va aggiornato, non tanto perché sia sbagliato nei contenuti e negli obiettivi, ma solo perché va attualizzato alla nuova realtà scolastica.

Cosa cambiare del PNDS

Molto interessante tal proposito l’articolo su “Agenda Digitale” di Gabriele Benassi, che indica il nuovo percorso del Piano organizzato su tre binari diversi, quello “situazionale”, cioè il quotidiano, il day by day , quello “strutturale “ che pone lo sguardo alle evoluzioni future e quello “ispirazionale” in grado di proporre e sperimentare “la reale innovazione della didattica e della modalità di apprendimento”.

L’errore di fondo che spesso viene fatto da molte persone esterne alla scuola e talvolta anche dagli addetti ai lavori è quello di pensare al digitale come uno strumento sostitutivo della presenza in classe, mentre invece va pensato come soluzione completamente integrabile con l’analogico, utile per favorire e previlegiare una serie di aspetti quali l’inclusione e l’accessibilità.

Introdurre strumenti digitali nella didattica classica permette di “velocizzare i processi, semplificare visivamente i contenuti, moltiplicare e sfruttare i canali comunicativi attraverso la multimedialità”; pensare ad esempio a progetti utili a sviluppare nuove idee, possibilità di lavorare in piccoli gruppi e di portare all’interno della didattica nuove materie come la web radio, la stampa 3D, la sicurezza informatica, lo storytelling, il videomaking. Altro aspetto da non sottovalutare, riportato dall’autore è la possibile contaminazione tra scuole, con modelli di riferimento che possono fare da gancio di traino ai più scettici e rendere la diffusione dell’innovazione più veloce.

Tornando sul percorso del quotidiano, i due elementi fondamentali sono la connettività a banda larga che deve coprire tutte le scuole e i dispositivi sia in comodato d’uso che di proprietà applicando nei docenti la logica BYOD (Bring of Device), cioè tutti i criteri di sicurezza con cui far accedere alle applicazioni scolastiche ed aziendali con dispositivi personali.

Con la didattica a distanza adottata nel lockdown e ancor di più adesso con la DAD integrata, (azione 22# del PNSD) è emersa la necessità di fare ordine sulle piattaforme digitali da utilizzare. SI dovrebbe traguardare ad avere un’unica piattaforma integrata, flessibile, facile da usare e riempirla di contenuti. Andrebbe favorita, in aggiunta, una maggior integrazione con i libri di testo, oggi in alcuni casi scaricati in versione E-book su specifica iniziativa del docente o dello studente nei propri dispositivi ma senza nessuna integrazione sulle piattaforme di collaboration.

A completare l’importanza delle piattaforme digitali, è molto utile investire in una “educazione reale alla lettura (anche quelle ludica e non strettamente legato allo studio) in digitale” prendendo atto che il digitale è il supporto più quotidiano e diffuso già oggi e valorizzandone anche l’impatto ecologico.

Dal punto di vista del percorso strutturale il digitale non deve essere solo uno strumento al servizio delle discipline, ma le discipline possono essere al servizio del digitale, inserendo cosi come già fatto in molte scuole, materie come la robotica e il coding, arricchendo in questo modo l’offerta formativa.

Bisogna inserire in maniera strutturata queste materie, inserendola in pianta stabile nei progetti scolastici perché il “digitale “è un tema trasversale e multidisciplinare.

Gli “Animatori digitali”, pezzo forte del PNSD, hanno svolto un ruolo importante in questi anni e in particolare durante la didattica a distanza dell’emergenza sanitaria.

Questo ruolo deve diventare “massa critica che aiuti la diffusione delle nuove esperienze e metodologie”. Deve essere costituito sempre più da docenti che credono nell’innovazione come opportunità di sperimentazione.

Proprio il tema dello sviluppo delle risorse e la formazione sono i temi che maggiormente richiedono una forte revisione del piano perché serve sempre più “formazione, metodologia, sperimentazione”.

Conclusioni

In conclusione, possiamo sicuramente affermare che Il lavoro portato avanti in termini di digitalizzazione e di cambiamento metodologico nella scuola italiana negli ultimi cinque anni non deve essere disperso, va anzi rafforzato e diffuso ulteriormente. Per questo è fondamentale aggiornare il Piano nazionale Scuola digitale al contesto attuale, in un’ottica sia infrastrutturale e tecnologica da un lato che didattico e pedagogico. 

Per avere, però, una vera svolta significativa, un cambio di passo importante occorre investire di più sulle persone, sui docenti e i tecnici, perchè un conto infatti è gestire una digitalizzazione di un istituto scolastico in fase iniziale, un conto è sostenere e garantire nel tempo il mantenimento e il rafforzamento della scuola digitale.

Da non dimenticare infine, che le competenze digitali devono essere trasversali, praticate e diffuse in tutte le discipline scolastiche.

Dino Galuppi

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