Il Popolo delle Libertà vince, quale ministro per l’istruzione?
Che le ultime elezioni siano state uno vero tsunami per le forze estremiste (in particolare di sinistra) è cosa ovvia. Un nuovo panorama politico (ma certamente anche sociale) si è andato ad instaurare nel nostro Paese con la sola presenza in Parlamento di due grandi gruppi politici (Popolo della Libertà + Lega e Partito Democratico + Italia dei Valori) e una terza piccola coalizione cattolico-moderata (Unione di Centro).
Silvio Berlusconi leader del Pdl, che ha ottenuto la vittoria con circa dieci punti di distacco dal suo avversario Walter Veltroni del Pd, ora al suo terzo mandato, afferma di rimboccarsi le maniche già da subito e di abbozzare una prima lista dei ministri (che dovrebbero essere 12 con almeno 4 donne) in questa settimana. Tra le donne, la siciliana Stefania Prestigiacomo che è in predicato per l’istruzione, mentre precedentemente flebili voci di corridoio davano Roberto Formigoni, governatore della regione Lombardia, e fiero federalista, come possibile ministro di istruzione, università e ricerca. Anche se non va trascurata l’ipotesi della candidatura di Valentina Aprea, in segno di continuità col precedente Ministero Moratti, durante il quale l’Aprea è stata sottosegretario. Certamente la scuola da questo nuovo governo si aspetta molto. Sono anni, infatti, che si sta tentando una radicale riforma degli organi scolastici che possa portare ad una reale svolta per alunni, docenti, personale e dirigenti scolastici. Ma il tutto sembra essere ancora un illusorio ed ipotetico sogno.
Probabilmente si può iniziare a presupporre una ripresa di quella che era la riforma Moratti e quasi del tutto smantellata in due anni di governo dal ministro Fioroni.
Ma quello che gli italiani si aspettano maggiormente sembra essere la valorizzazione dei successi personali all’interno delle mura scolastiche. In altre parole, la meritocrazia è uno dei nodi cruciali più a cuore al popolo dello Stivale, non solo per gli studenti ma anche per gli insegnanti che, nella loro professione, anche da un punto di vista economico, si sentono spesso penalizzati.
La scuola che si vorrebbe è una scuola aperta alle sfide del domani pienamente inserita nel quadro di una nuova Europa.
Le tre I berlusconiane – inglese, impresa, informatica – dovranno accompagnare questo lungo percorso di innovazione e dovranno essere le basi per una riforma che tolga una volta per tutte le ragnatele di un troppo vecchio sistema scolastico. Uno slancio verso il futuro radicato però in una salda cultura nazionale che favorirà l’integrazione degli stranieri nella scuola pubblica e allo stesso tempo garantirà la difesa del nostro patrimonio storico, etnico e linguistico.
Queste, a poche ore dall’esito del voto, sono solamente piccole previsioni. Sarà il tempo ad essere giudice di una delle più grandi sfide della nostra Italia: la formazione e l’ammodernamento di un efficace sistema scolastico. Nella storia della repubblica italiana qualche governo è caduto proprio su questi temi.
E ricordarlo non guasta.
Una sola adesso è la speranza: che le tutte le forze politiche presenti, almeno sulla scuola, mettano da parte le loro divergenze e collaborino insieme per una significativa ed utile riforma, che possa accogliere il parere positivo dell’intero parlamento, il plauso della popolazione e il ringraziamento delle generazioni future.