Gli alunni, i docenti e il personale scolastico dovrebbero sentire la vicinanza delle istituzioni e dello Stato. E mai essere abbandonati al loro destino. A ricordarlo è stato il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, al termine di una visita, durata circa due ore, svolta in una scuola statale comprensiva di Bresso, in provincia di Milano, dove si è fermato anche a pranzare con gli alunni delle prime classi.
La promessa mancata dell’ex premier
Una visita che giunge a distanza di alcuni mesi dal discorso programmatico, in corrispondenza del suo insediamento come presidente del Consiglio, durante il quale non fece alcun accenno alla Scuola o all’Istruzione in generale.
La visita di Conte, però, ha fatto soprattutto ricordare il forte interesse per la scuola, poi scemato con il tempo, dell’ex premier Matteo Renzi, che in occasione dell’inizio del suo mandato decise di recarsi in visita presso un istituto scolastico a settimana.
Prima di essere costretto a lasciare l’incarico come premier, nel 2017 Renzi tentò un riavvicinamento con il mondo della scuola: la frattura con il mondo della scuola, tuttavia, era diventata troppo grande, a seguito dell’approvazione della Legge 107/15.
La visita della scuola nel milanese
“Le istituzioni – ha detto Conte – devono stare nelle scuole, devono visitarle, devono incontrare il personale docente, devono parlare ai bambini. Dobbiamo parlare con loro, dobbiamo incitarli, dobbiamo far sentire la nostra presenza”.
“Ho visitato una scuola bellissima – ha continuato il premier, prima di lasciare l’istituto – che comprende tante attività didattiche e innovazione tecnologica offerta i bambini piccoli, robotica, e tante esperienze diverse. È stata veramente una bellissima esperienza”.
Nel corso della visita, gli alunni hanno mostrato al premier le competenze acquisite in campo informatico: tra queste la programmazione attraverso un tablet del percorso di una ‘coccinella-robot’ su una scacchiera, come ha riferito il sindaco di Bresso Simone Cairo.
Nuove tecnologie: non basta aderire ai progetti
L’attenzione del primo partito di Governo per le nuove tecnologie non è una novità. A fine settembre scorso, i deputati del M5S Luigi Gallo e Michela Montevecchi, rispettivamente presidente e vicepresidente della Commissione Cultura e Istruzione di Camera e Senato, hanno tenuto a ricordare che “in molte scuole, soprattutto del primo ciclo, le tecnologie non sono sempre adeguate al fabbisogno e per l’innovazione didattica occorrono sforzi ingenti: non basta fare aderire gli istituti ai progetti. E in ogni caso quello che serve ancora di più sono le competenze digitali, perché senza di esse la formazione relativa alle nuove tecnologie rimane tutt’altro che soddisfacente.”
Nel presentare “Cultura 2030. Come evolverà la cultura nel prossimo futuro”, una ricerca previsionale affidata al sociologo Domenico De Masi e realizzata da 11 esperti internazionali indipendenti e di altissimo profilo, i due parlamentari hanno insistito sul fatto che “che la cultura sia messa al centro della strategia politica più ampia ed è urgente costruire un modello educativo che risponda alle sfide del presente senza banalizzarle, come è stato fatto dalle ultime riforme della Scuola, che hanno introdotto qualche tecnologia digitale qua e là spacciandola per innovazione didattica”.