Nell’approssimarsi del Natale, e anche in vista delle vacanze, segnaliamo un libro utile sia per trascorrere qualche ora accanto al camino con una lettura piacevole e dotta, sia per intrattenere i ragazzi sulla storia dell’arte e sulle vicende legate al Santo patrono d’Italia, San Francesco (1182-1226), insieme a uno sguardo particolare verso il mondo islamico.
Il libro infatti contiene una robusta presenza iconografica attraverso cui l’autrice, ormai scomparsa, riesce con più facili argomentazioni a spiegare le vicende che racconta, usando dunque le immagini come documento esplicativo, come prova delle sue tesi e dei suoi continui richiami storici. Ma anche come punto fermo per raccontare San Francesco e la sua idea di rappresentare la nascita del Salvatore.
Idea che si forma nella mente del Santo di Assisi intorno al 1223, quando, reduce dal suo viaggio a Damietta, dove incontra il sultano d’Egitto Malik al Kamile, rimanendo edificato dalla dignità e dal senso di pace dei musulmani, trovandosi a Greccio, mette in atto la Sacra rappresentazione del Natale. Che non è la prima, afferma l’autrice, altre Natività erano state ancora prima riprodotte nei sacrati delle chiese.
Tuttavia nella sua rappresentazione, Francesco non mise né il Bambinello, né Maria e né Giuseppe, ma solo il bue, l’asinello e una greppia (in latino praesepe) con la paglia, volendo con ciò simboleggiare: col bue il popolo ebraico, con l’asinello il popolo pagano e col fieno il nutrimento della fede.
Francesco sa pure bene che quei simboli sono presenti solo nei Vangeli apocrifi, ma sa pure che dal 1187, quasi ogni anno, è stata bandita una crociata, comprese quelle contro Catari e Albigesi, per cui, secondo Chiara Frugoni, della quale, dopo la sua scomparsa, Il Mulino pubblica “Il presepe di San Francesco. Storia del natale di Greccio”, la rievocazione del Natale è apertamente in contrasto con la belligeranza della Chiesa.
In questa guisa infatti il presepe sarebbe diventato il mezzo attraverso cui “sconfessare” le scelte sanguinarie dei vari papi che starebbero dimostrando di avere scordato l’insegnamento evangelico della pace e della fratellanza, della tolleranza e dell’amore: la Terra santa è in ogni luogo, sussurra il Santo, non occorre uccidere e violentare per avere accesso in quei luoghi.
Tuttavia, come spiegare allora, continua Frugoni, che ai sui studi sul medioevo ha sempre collegato le iconografie come fonte storica, la fastosa rappresentazione del Natale fatta da Giotto negli affreschi delle Storie di san Francesco nellaBasilica superiore di Assisi?
Per farlo, bisogna ricordare che esse furono dipinte dopo la morte del Santo del quale nel frattempo si era creato il mito, mentre si cancellavano gli ideali di povertà assoluta, nascondendo, facendola scordare, così perfino quella natività, povera, dimessa e umile, in aperto contrasto col nuovo corso preso dai frati francescani.
Costoro non solo rifiutavano ormai il lavoro manuale ma volevano essere mantenuti dai fedeli perché dediti alla studio e alla sapienza: niente più povertà dunque e niente più elemosine raccolte a piedi scalzi.
Per capire bene questa sorta di spaccatura fra l’insegnamento di Francesco e i suoi successori, scrive la compianta Frugoni, è sufficiente fare riferimento al primo biografo di Francesco, Tommaso da Celano.
Costui scrisse due biografie a distanza di quindici anni. Nella prima afferma che Francesco era un grande peccatore, figlio di peccatori e che fu ostacolato dai genitori, egoisti, nel seguire la sua vocazione; nella seconda invece ribalta tutto quello che prima aveva affermato, sostenendo che era stato da sempre santo come pure il padre e la madre.
Una contraddizione conseguente alla fulminante eco diffusasi in tutto il mondo sul Poverello di Assisi.
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