Il dirigente scolastico dell’Istituto “Giuliana Saladino” di Palermo Giusto Catania è stato intervistato ai microfoni de La Repubblica. Nel corso dell’intervista il preside ha discusso di vari temi, dalla questione dei diplomifici fino all’autonomia scolastica in generale.
In merito allo scandalo dei diplomi facili proprio in Sicilia ha detto: “È l’epifenomeno di un sistema basato sulla mercificazione dell’educazione. Si compra tutto: i titoli, i crediti formativi, le certificazioni, le lauree online, i master con una qualità dell’insegnamento che tendenzialmente lascia a desiderare. Non si può generalizzare, ma la realtà è questa da tempo. Da quando, nel 2000, è iniziata l’autonomia scolastica che ha portato prima gli istituti, e poi i docenti, a entrare in competizione tra loro, a discapito della qualità e in barba all’idea pedagogica che invece dovrebbe sostenere l’istruzione”.
Ed ecco un attacco non troppo velato alla politica: “Possibile che negli ultimi trent’anni i ministri dell’Istruzione si siano preoccupati solo di come modificare l’esame di maturità? La politica è tutto: programma le risorse e stabilisce come intervenire sulla scuola”.
“I soldi per la scuola ci sono. Il problema è che le risorse non vengono canalizzate per ciò che occorre veramente. Le userei per un grande piano di messa in sicurezza degli edifici scolastici. Insegnare in edifici destinati alla scuola e non in sottoscala o appartamenti, magari in affitto, sarebbe già una conquista. In secondo luogo, serve un grande piano pedagogico per la scuola. Siamo fermi a 40 anni fa con le sedie, i banchi, la lezione. Oggi un ragazzo impara da più da Wikipedia che dalle pagine di un libro. Dobbiamo fare in conti con i tempi che cambiano: bisognerebbe sviluppare competenze e abilità per vincere la sfida delle nuove tecnologie. Non inseguirle”, ha aggiunto. “La scuola si sta trasformando in una scuola di classe, in cui chi ha i soldi va avanti. Così si crea un’enorme sperequazione tra ricchi e poveri, istituti pubblici e privati, centro e periferie”.
Ecco cosa perde chi compra un diploma a suo avviso: “Si perde la vita, la socializzazione, il processo di crescita lento, graduale e continuativo: se bruci i passaggi, bruci la crescita. Cerchi scorciatoie facili, ottieni il titolo, che però alla fine non ti serve veramente. Invece la scuola, come diceva Piero Calamandrei, è il sangue dell’organismo: è vitale. Lo è stato per me. Sono nato in quartiere di periferia, alla Zisa, da un padre operaio e da una madre casalinga. La mia vita è cambiata grazie alla scuola pubblica”.
“Gli insegnanti sono vittime dei diplomifici: hanno la necessità di accumulare punteggio per avanzare nelle graduatorie e accedere alle classi di concorso. I posti a disposizione sono pochi, a fronte delle numerosissime richieste: quindi per un docente è più importante fare punteggio che essere retribuito. Tutto è riconducibile allo stesso sistema da cui scaturisce la mercificazione dell’educazione. Si è perso di vista il valore dell’istruzione”, ha concluso.
“La guida di una scuola non è solo amministrativa o gestionale, ma deve essere soprattutto pedagogica, didattica e di attenzione al processo educativo: io continuo a sostenere che troppo spesso noi presidi ci scordiamo di essere stati degli insegnanti”: a dirlo alla Tecnica della Scuola qualche mese fa è stato lo stesso Giusto Catania.
“Mi sento soprattutto un insegnante – ha spiegato ai nostri microfoni -, nel senso che per diventare preside, come io penso vadano chiamati gli attuali dirigenti scolastici, bisogna essere stati necessariamente degli insegnanti. Ecco, io penso che per fare bene il dirigente scolastico bisogna ricordarsi quotidianamente di essere stato insegnante”.
“Il concetto di istruzione e il concetto di merito sono in antitesi, perché l’istruzione è una pratica che prevede l’inclusione e la solidarietà: mentre il merito è una pratica competitiva e la scuola deve essere tutto tranne competizione. La scuola deve favorire l’inclusione dei più deboli, deve favorire la crescita delle competenze individuali, delle conoscenze collettive: per questa ragione, il merito, così come è stato definito in questi ultimi mesi, è incompatibile con il concetto pedagogico di educazione”.
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