“La formazione nel nostro Paese è uno dei temi più seri per lo sviluppo economico e sociale. E il fatto che non riusciamo a trattenere molti dei nostri giovani laureati è un segnale negativo che va assolutamente arginato. Riconosco che negli ultimi tempi c’è maggiore consapevolezza della necessità d’investire sul capitale umano, sia relativamente alle scuole superiori sia all’università. C’è però un tema nuovo che mi preoccupa e che vedo pericolosamente ignorato”. E questo è il problema, ormai incancrenito, degli abbandoni della scuola dell’obbligo. Dice infatti il presidente dell’Istat: “Il fatto che il 45% dei figli di immigrati lascia l’istruzione prima del tempo, a fronte del 15% degli italiani, rappresenta un dato preoccupante, visto l’andamento demografico. Ciò vuole dire che in Italia il futuro del capitale umano è a rischio”. Le cause “sono spesso anche esterni alla scuola. E’ però innegabile che abbiamo bisogno di un corpo insegnante sempre più disponibile a formarsi e ad aggiornarsi.
Perché è vero che abbiamo un’offerta formativa non all’altezza delle migliori pratiche internazionali” e con “l’accelerazione delle tecnologie digitali il problema sarà sempre più sentito”. Il motivo è presto detto, aggiunge Giovannini: “Se prendiamo a riferimento un percorso di istruzione tecnica quinquennale, chiunque può vedere che a conclusione del corso tutto è cambiato d’intorno. E ciò che è stato insegnato per anni serve a poco. Ecco spiegata la necessità di un aggiornamento costante dei formatori.”
E dunque i professori che occorre pure valutare e giudicare, ma bisogna fare attenzione, tiene a precisare Giovannini, perché “il rischio che passino messaggi non corretti è grande. Penso ai sistemi di incentivazione. Il nuovo sistema di valutazione dei docenti universitari attribuisce molta più importanza alle pubblicazioni che alla docenza. Ciò può andare a detrimento della qualità dell’insegnamento. Abbiamo bisogno di accelerare il più possibile il processo di radicamento di una nuova cultura“
Insomma, dice Giovannini “dobbiamo cessare di occuparci dei problemi sulla spinta della sola emergenza, dobbiamo imparare ad essere più persistenti. E di questa mancanza di persistenza ad occuparsi dei problemi, i media e la politica portano gravi responsabilità. Probabilmente è anche per questo che in Italia è così difficile affrontare compiutamente un problema”.
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