Home I lettori ci scrivono Il prestigio sociale non serve, se…

Il prestigio sociale non serve, se…

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Il 15 agosto sul quotidiano la “Repubblica” I. Diamanti (sociologo) ci ha fatto sapere che la scuola gode di un ottimo prestigio sociale (56%). E’ preceduta solo dall’alto tasso di considerazione su Papa Francesco e le forze dell’ordine
Se si analizza poi il dato relativo agli insegnanti, fa piacere notare che il gradimento degli insegnanti elementari (sono di parte e ne sono fiero) è secondo solo a quelli universitari.

Quindi tutto bene? Non direi. La soddisfazione non è completa.
Analizziamo brevemente gli aspetti positivi.

Il dato rimanda all’impegno di un’istituzione, oggetto in questi ultimi anni di “aggiustamenti” , di finte riforme tenute insieme dal criterio dell’ottimizzazione. Quindi una scuola ” in sofferenza”, ” stressata” dal Ministro di turno che dopo  gli iniziali annunci di mettere al centro l’educazione e la valorizzazione degli insegnanti ha mostrato poi le sue reali intenzioni: “dimagrire” un servizio ritenuto sostanzialmente inutile! Spiace scriverlo, ma è questo che noi insegnanti cogliamo.

In questo contesto così ostile, la maggior parte dei docenti ha tenuto alto il suo impegno, il suo coinvolgimento professionale. E di questo si accorgono ogni giorno i genitori. Gli utenti di rimando di questo servizio. L’indagine Demos conferma questa percezione di una scuola di qualità che “sgomita” evitando (meglio ignorando, o facendo ” buon viso a cattiva sorte”)  tutte le trappole, impedimenti o difficoltà organizzative create dalla parte politica.

Purtroppo questo prestigio sociale non si traduce in un corrispondente riconoscimento economico. Direi che quest’ultimo è inversamente proporzionale agli apprezzamenti ricevuti.

La differenza tra i due poli si chiama volontariato, lavoro gratis. Gli esempi sono tanti, tutti da lodare, ma…Situazione a dir poco imbarazzante, se si considera che “l’Italia di domani”, il suo “futuro” sono affidati per cinque-otto ore al giorno e per dieci mesi  a delle figure che invece di essere trattate come dei professionisti, sono considerati dei  baby-sitter. Quanto potrà durare questa situazione di “sfruttamento”? In altri termini, quanto tempo ci divide dal punto di non ritorno, dove l’impegno volontario diventerà una rarità? Difficile dirlo. Recentemente ne abbiamo avuto comunque, un esempio, anche se “fuori aula”. Mi riferisco alla difficoltà di costituire le commissioni per il concorso-scuola con personale adeguato al compito. La causa di questo scarso interessamento è stata l’inadeguato e offensivo compenso proposto ai commissari. Quindi se  ” il cattivo giorno (è il caso di dirlo) di vede dal mattino…”