Il prezzo da pagare per l’addio alle 24 ore: i Pof esautorati di 30 milioni

La mancata integrazione delle ore dei docenti italiani potrebbe avere un prezzo salato da pagare: una bella sforbiciata al fondo d’istituto su cui poggiano i progetti e le attività scolastiche a completamento dell’attività didattica. A denunciarlo, in attesa di avere un riscontro del rinnovato testo del ddl stabilità privato dell’incremento a 24 ore dell’impegno settimanale dei prof di scuola media e superiore, è Giulia Rodano, responsabile nazionale cultura e Istruzione dell`Italia dei Valori. Le sue sono parole dure: “il sollievo che ha accolto il sacrosanto ritiro della tentata `vessazione` sull`orario di lavoro dei docenti italiani nasconde, purtroppo, una coda velenosa. Sordo a ogni richiesta di correzione di rotta, il governo Monti ha immediatamente pensato bene di tagliare ben trenta milioni di euro alla ricerca italiana e altrettanti al piano di offerta formativa delle scuole”.
Il Miur nella sua relazione aveva invece parlato di “47,5 milioni sottratti dal fondo per il miglioramento dell’offerta formativa”, ma con la pregiudiziale che questo taglio non avrebbe creato “pregiudicato l’offerta”. A sentire l’Idv le cose non starebbero proprio così.“La copertura del `mancato risparmio` – continua Rodana, rivelando particolari sino inediti sull’esito dell’emendamento taglia 24 ore in commissione Bilancio – , sancito da due voti parlamentari che hanno opportunamente ritenuto incongrua e del tutto inutile la misura precedentemente prevista nella legge di stabilità, verrà, dunque, ancora imputata al ministero dell`Istruzione, dell`Università e della Ricerca. Dicastero che, evidentemente, lo stesso ministro Profumo si rifiuta di difendere e di rilanciare. Al dissenso parlamentare su un taglio, l`esecutivo replica sempre con un altro taglio: generando un avvitamento che, purtroppo, per la scuola italiana non sembra avere fine”.
La rappresentante Idv non ha dubbi: “Siamo alle solite. Quando si parla di pubblica istruzione, ciò che si scrive `spending review` si legge `taglio lineare`. Non c`è pronunciamento parlamentare che possa correggere l`ideologia montiana per la quale la revisione della spesa pubblica non significa affatto eliminazione degli sprechi e dei privilegi alla Pubblica amministrazione, ma solo tagli su tagli”, conclude Rodano.
Le buone notizie arrivano invece sul fronte studentesco: Manuela Ghizzoni, presidente della Commissione Cultura, scienze e Istruzione della Camera dei deputati e presentatrice dell`emendamento per incrementare il fondo integrativo statale per la concessione delle borse di studio, ha infatti comunicato che “è stato ripristinato il diritto allo studio costituzionalmente sancito”.
Ghizzoni ha ricordato che “siamo il Paese europeo che investe meno in istruzione, in rapporto alla spesa pubblica complessiva: in Italia solo il 7% degli studenti ha una borsa di studio – spiega in una nota – un dato preoccupante, soprattutto se associato al dato che riporta un drastico calo delle immatricolazioni dovuto alla difficoltà di affrontare economicamente gli studi superiori”.
Soddisfatto anche Michele Orezzi, coordinatore dell’Unione degli Universitari, che da anni denuncia l’aumento delle tasse universitarie, che combatte anche con azioni legali, e dell’aumento del numero di studenti capaci e meritevoli ma privi di mezzi che non hanno una borsa di studio per mancanza di fondi: “finalmente una prima risposta al dramma del diritto allo studio universitario”. Che poi però sottolinea: “anche con il ripristino di questi 50 milioni siamo comunque ben lontani dal garantire il diritto allo studio universitario. Lo stesso provvedimento del Governo sul condono degli aumenti delle tasse universitarie rischia di far aumentare ancora le rette nei prossimi anni, nonostante già ora siano tra le più alte d’Europa. La Commissione Cultura della Camera ha sicuramente fatto un buon lavoro su questo tema, ma ora occorre un cambio generale di politica. Bisogna ripristinare gli investimenti pubblici su scuola e università pubbliche, non aumentare in continuazione le tasse studentesche”.
Dopo i sindacati, anche dagli studenti arriva la conferma che le proteste programmate nei prossimi giorni non si fermano. “Abbiamo chiesto da tempo cambiamenti – conclude Orezzi – e oggi sicuramente vediamo un segnale importante. Ma non è assolutamente sufficiente. Per questo saremo in piazza il 14 novembre contro le politiche di austerità e il 17 novembre per la Giornata Internazionale dello Studente, perché occorre un cambiamento generale nelle politiche europee”.
Alessandro Giuliani

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