Sarebbe l’ignoranza diffusa che serpeggia in Italia la causa della sua perenne crisi, come del resto l’Ocse conferma con le sue rilevazioni che ci vedono al 26^ posto su 36 Paesi membri (l’Ocse, come è noto, ha sede a Parigi, conta attualmente 36 paesi membri: Australia, Austria, Belgio, Canada, Cile, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Giappone, Grecia, Irlanda, Islanda, Israele, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Messico, Norvegia, Nuova Zelanda, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Repubblica Ceca, Repubblica di Corea, Repubblica Slovacca, Regno Unito, Slovenia, Spagna, Stati Uniti, Svezia, Svizzera, Turchia, Ungheria).
A sostenere la tesi che la remora che frena l’Italia nel suo sviluppo sarebbe l’Istruzione, il portale Investireoggi, che lapalissianamente dice: “Se non siamo in grado di svolgere calcoli matematici o di comprendere un testo, si vede che a scuola qualcosa non va. In effetti, siamo anche tra i Paesi avanzati con il minore tasso di laureati e con il più alto tasso di abbandono scolastico”.
E aggiunge: “Se avessimo tassi di istruzione più alti e se i percorsi scolastici fossero migliori, la forza lavoro sarebbe più qualificata e, quindi, maggiormente occupabile. In più, gli stipendi medi risulterebbero più alti”.
Su questo versante, viene pure specificato che dall’estero non si investe da noi non solo perché “le tasse sono alte e la burocrazia asfissiante, ma anche perché la manodopera non dispone delle competenze richieste”.
Infatti, continua il portale, “una persona che ha frequentato solamente la scuola dell’obbligo, avrà maggiori difficoltà a recepire concetti o metodi innovativi rispetto a chi possiede un diploma o una laurea”, mentre sembrerebbe chiaro che l’Italia, pur investendo oltre mezzo punto in meno della media europea in Istruzione, non riuscirebbe a garantire il problema delle competenze dei suoi alunni per una serie di altri motivi.
Fra cui “una classe docenti non motivata e una scuola nozionistica che serve sempre di più a poco. Per non parlare dell’assenza di meritocrazia, del trattamento tendenzialmente egualitario degli studenti e della scarsa disciplina impartita. Tutti elementi che formano una mentalità sbagliata”.
In definitiva, viene specificato” un popolo con un livello di istruzione basso è altresì poco innovativo. Non ha le competenze per sperimentare cose nuove, mentre ha tutto l’interesse a mostrarsi restio ai cambiamenti, consapevole dei propri limiti”.
Che sembrano osservazioni di cui tenere conto, benchè in qualche modo non sono del tutto originali, considerato che la questione è dibattuta da decenni, senza però apportare risultati confortanti.
Il punto centrale infatti, secondo il nostro parere, è quello di una selezione rigorosa dei docenti, della loro formazione continua, della premialità e della carriera. Così si conquista il prestigio della classe docenti e così i livelli di istruzione dei nostri alunni possono notevolmente migliorare.
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