Domani si riaprono gli edifici scolastici, molti sono fatiscenti. Una volta erano l’unico tempio sacro della cultura, oggi si presentano come strutture di una decaduta nobiltà. Purtroppo la crisi delle scuole oltre che nella forma esteriore è anche nella sostanza e nella sua essenza. E non certo per colpa di internet, della rete e dei social network o dei telefonini di ultima generazione. Questi sono mezzi e strumenti che possono incidere sul metodo non certo sul merito. Internet è un “vero dono per l’umanità”. Contrastare acriticamente il nuovo che avanza è come arroccarsi dietro la lavagna di pietra nera con in mano un bianco gessetto friabile, dimenticando di essere nel terzo millennio.
Suona la prima campanella dell’a.s. 2013/2014 ed inizia la retorica dei discorsi di benvenuto e il rito dell’appello nominale. Se domani avessi il microfono in mano non saprei cosa potrei dire agli studenti; e non mi mancano certo pensieri e parole.
• Direi che la “scuola vera” è fuori dall’edificio scolastico: “Spalancate le finestre del mondo”.
• Inviterei a non dedicarsi solo ai programmi e alle lezioni: “Fate musica, teatro, danza, sport”.
• Parlerei del viaggio dei Magi dietro una stella: “Seguite i vostri sogni, le vostre lucide follie”.
• Suggerirei di scrivere la loro vita coi tempi indicativi: “Non ci sono né congiuntivi né tanto meno condizionali nella Costituzione”.
• Raccomanderei a tutti di non avere paura dei propri sentimenti e di esprimere sempre le emozioni: “A scuola, fare silenzio è fuori luogo perché si deve dialogare e confrontarsi gli uni con gli altri senza fanatismi”
• Chiarirei che l’insegnante è solo un regista, che dà consigli e suggerimenti, senza mai sostituirsi: “Siate voi i protagonisti con libertà e creatività”.
• Proclamerei che la scuola è la sede della fantasia, facoltà creativa allo stato puro, inventiva e trasfiguratrice della stessa realtà: “L’eccessivo razionalismo schiavizza la mente”.
• Suggerirei di non preoccuparsi dei compiti per il voto. Scriveva Quintiliano: “Non multa sed multum”, Non studiare molte cose, ma molto bene”.
• Proclamerei anche la norma della “cura”. Diceva Giovenale “Maxima debetur puero reverentia, Al ragazzo si deve massimo rispetto”.
E dopo avere consegnato il microfono ti augureresti di avere parlato a persone che vogliono “sapere” e non a soggetti ostili alla conoscenza. Sei insegnante ma ti trovi in crisi di identità. Hai costruito il tuo progetto in lunghissimi anni e con tappe faticose; ti trovi in cattedra da 4 decenni ed sei ancora sulla breccia; professore di una professione senza scatti né carriera; a volte impiegato, spesso volontario senza tempo, benefattore e quasi missionario; sei uno che in ogni caso lascia il “segno”; ti aggiorni a tue spese e ti giudicano dai risultati dei tuoi alunni valutati da altri; impari insegnando nell’apatia della classe; sei un giudice criticato anche per le giuste sentenze dei tuoi voti e giudizi; guardi gli alunni mentre spieghi e/o interroghi, e pensi
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